Sono trascorsi ormai 37 anni da quel terribile 2 agosto del 1980, quando la facciata sinistra della Stazione centrale di Bologna venne dilaniata da un’improvvisa esplosione che uccise 85 persone, ferendone altre 200. Una ferita ancora apertissima sul volto dell’Italia che, ancora oggi, cerca di svelare le verità nascoste dietro uno degli episodi più drammatici dell’ultimo secolo. Troppi anni sono trascorsi in attesa di sapere chi si nasconde dietro la strage che, quel giorno, fermò l’intero Paese alle 10.25 del mattino assieme all’orologio della Stazione. Per questo, durante la consueta commemorazione nel Comune di Bologna, i familiari delle vittime hanno deciso di mettere in atto la loro emblematica protesta, lasciando l’aula nel momento in cui il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti stava per prendere la parola in rappresentanza del Governo.
La protesta
Una polemica aperta, messa in atto nei confronti “un governo scorretto”. Così, almeno, l’associazione che raccoglie i familiari di coloro che quel giorno persero la vita ha giustificato l’esodo anticipato dalla sala comunale: “E’ una scelta che cerchi di non fare – ha spiegato il presidente Paolo Bolognesi -, però qui si è costretti. È un’associazione che rispetta le istituzioni, però le istituzioni non ci rispettano… Abbiamo ritenuto che la direttiva di Renzi fosse importante per arrivare alla verità – ha detto a ‘Repubblica’ -, in modo che le carte venissero desecretate e che tutti potessero leggerle. Ma i nomi non ce li danno. I ministri Orlando e Franceschini, nel 2015, hanno fatto una convenzione con gli archivi per digitalizzare tutte le carte dei processi. Non hanno digitalizzato un foglio. E allora ci siamo arrabbiati”.
Galletti: “Fatti passi avanti ma non bastano”
In merito alla decisione di abbandonare l’aula, i membri dell’associazione hanno parlato di una scelta dettata dalla “dignità di arrabbiarci” per una verità che stenta ancora ad arrivare. I familiari delle vittime si sono allontanati silenziosamente, radunandosi nel cortile del Palazzo comunale pronti a formare il corteo in direzione della Stazione, come sempre aperto dallo striscione “Bologna non dimentica”. Un corteo che non vedrà, però, la presenza del ministro felsineo Galletti: “Conosco bene le richieste dell’associazione nei confronti della presidenza del Consiglio – ha detto il guardasigilli – penso al tema della declassificazione degli atti e alle questioni relative ai benefici assistenziali e previdenziali. La desecretazione è un processo lungo, sono stati fatti alcuni passi avanti, sta per completarsi il trasferimento degli atti all’archivio centrale, sono state trovate le risorse, ci sono certamente altri ostacoli da superare, ma dobbiamo andare avanti”.
Bologna, uniti nella memoria
La decisione presa dal ministro si inquadra, forse, con la volontà di non offuscare la giornata della memoria con ulteriore manifestazioni di dissenso contro i rappresentanti del Governo, un rischio che era stato evidenziato anche dal sindaco Merola, il quale aveva comunque cercato di ricondurre il tutto sulla valenza sociale della commemorazione: “Ogni anno questa città prende la memoria e la trasforma in impegno civico. Come sindaco di questa bella città non permetteremo che si litighi tra noi… Oggi c’è contrarietà tra noi e tocca al ministro Galletti per dovere istituzionale prendersi le critiche che inevitabilmente ci saranno. Facciamo queste critiche, consapevoli che vogliamo rafforzare le istituzioni del nostro Paese”.