La Cassazione si fa giustizia da sola e impone uno stop ai ricorsi civili riguardanti “un valore economico oggettivamente minimo”, motivati al solo fine “patrimoniale” e senza avere alcuna connessione “con interessi giuridicamente protetti”. Era da tempo che la Suprema Corte chiedeva al Parlamento un filtro che impedisse di “ingolfare” il già congestionato sistema giudiziario ma l’assenza di una risposta da parte del legislatore ha costretto i consiglieri a muoversi da soli rigettando un ricorso da 33 euro con un verdetto “pilota” già diventato punto di riferimento per i giudici di merito. La sentenza è stata scritta personalmente da presidente titolare della terza sezione civile, gesto necessario per far comprendere a tutti che non si tratta di una decisione isolata ma condivisa dall’intero collegio.
Nello specifico i magistrati di piazza Cavour hanno respinto un reclamo per il mancato pagamento di interessi sul capitale per un periodo di 15 giorni per il quale un creditore chiedeva gli fossero pagati, appunto, 33 euro. La Cassazione, oberata da inutili cause seriali come quelle con le quali gli utenti contestano all’Enel di addossargli in bolletta 1,32 di spedizione di francobollo, ha detto “no”: cause del genere rallentano il sistema giustizia e l’Italia non può permetterselo con tutto quello che paga di legge Pinto e con tutti i richiami che ci fa l’Europa. Ad avviso della Suprema Corte, dunque, non meritano di essere accolti quei ricorsi – e sono tantissimi, soprattutto nel campo delle esecuzioni forzate – di scarso valore che finiscono solo per alimentare la l’inesorabile lentezza delle cause.
Scrivono gli “ermellini” che “l’interesse a proporre l’azione esecutiva, infatti, quando abbia ad oggetto un credito di natura esclusivamente patrimoniale, nemmeno indirettamente connesso ad interessi giuridicamente protetti di natura non economica, non diversamente dall’interesse che deve sorreggere l’azione di cognizione, non può ricevere tutela giuridica se l’entità del valore economico è oggettivamente minima e quindi tale da giustificare il giudizio di irrilevanza giuridica dell’interesse stesso”. In questo modo i supremi giudici hanno, di fatto, sbarrato la strada ai ricorsi per somme di poco rilievo o comunque non rilevanti se confrontate con l’intero capitale che era stato oggetto della controversia, come in questa vicenda nata nel tribunale di Bergamo. Come nel caso in questione, nel quale il creditore era rientrato della somma complessiva di sua spettanza di circa 17mila 855 euro ma, ciononostante, non aveva esitato a iniziare una causa per complessivi 33 euro circa di mancati interessi.
A motivare la loro decisione i supremi giudici spiegano che “poiché la giurisdizione è, notoriamente, risorsa limitata ben può la legge, esplicitamente o implicitamente, limitare il ricorso al giudice per far valere pretese di natura meramente patrimoniale, tenendo anche conto che il numero delle azioni giudiziarie non può non influire, stante la limitatezza delle risorse disponibili, sulla durata ragionevole dei giudizi, che è bene protetto dall’art. 111 della Costituzione e dall’art.6 della Corte di giustizia europea”. Con questo verdetto, la Cassazione ha respinto la tesi della difesa del creditore che sosteneva che “nessuna norma autorizza il giudice ad eliminare un credito, qualunque ne sia l’entità”.