Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano deporrà al processo sulla trattativa stato-mafia il prossimo 28 ottobre. Il Capo dello Stato ha inviato una lettera alla Corte d’Assise confermando la sua disponibilità ad essere ascoltato dai pm. Intanto i capimafia Totò Riina e Leoluca Bagarella hanno espresso la volontà di partecipare, intervenendo in videoconferenza. L’Avvocatura dello Stato si è opposta mentre la Corte si è riservata di decidere. “Nessuna difficoltà a testimoniare” aveva già dichiarato Napolitano lo scorso 25 settembre, quando un’ordinanza della Corte d’assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, aveva ribadito la necessità di sentirlo come testimone nel processo sulla trattativa Stato-mafia.
L’inquilino del Quirinale dovrebbe riferire sui timori espressi dal suo ex consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, poi morto, su episodi accaduti tra il 1989 e il 1993. Il Capo dello Stato nello scorso ottobre aveva scritto al Presidente della Corte nella quale diceva di non aver avuto “ragguagli” o “specificazioni” da D’Ambrosio riguardo ai quei timori e, pertanto, di non avere “da riferire alcuna conoscenza utile al processo”. Un rifiuto che aveva portato alcuni legali a chiedere la revoca della sua audizione. Una richiesta a cui uno dei giudici aveva risposto dicendo che “l’audizione appare né superflua né irrilevante”.
Napolitano non verrà però sentito in aula, come gli altri testimoni. La Corte – in assenza di una normativa specifica che regola la deposizione del capo dello Stato – applicherà l’articolo 502 del codice di procedura penale che prevede l’esame a domicilio del teste che non può comparire in udienza. Alla testimonianza non parteciperanno né il pubblico né gli imputati, ma solo i legali e la procura.