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Spread, Visco suona l'allarme

L'allarme sullo spread arriva anche dal governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, intervenuto alla Giornata mondiale del Risparmio: “Le conseguenze di un prolungato, ampio rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato possono essere gravi. Il loro incremento deprime il valore dei risparmi accumulati dalle famiglie e può determinare un peggioramento delle prospettive di crescita economica. Premi elevati a copertura del rischio sovrano rendono più difficile il controllo della dinamica del rapporto tra il debito pubblico e il prodotto”. Secondo Visco, “il rialzo dei premi per il rischio sul debito pubblico produce perdite in conto capitale che peggiorano la situazione patrimoniale delle banche; incide sul costo e sulla disponibilità dei finanziamenti che gli intermediari raccolgono sul mercato e sulla loro capacità di fornire credito all'economia”.

Risparmi a rischio

Analizzando i principali fattori che hanno contribuito all'allargamento della forbice tra Btp e Bund, Visco ha spiegato che “all'ampliamento del premio di rischio sui titoli di Stato ha contribuito l'incertezza sull'orientamento delle politiche di bilancio e strutturali e sull'evoluzione dei rapporti con le istituzioni europee”. In secondo luogo, “sono riemersi i timori degli investitori nazionali ed esteri per la dinamica del debito pubblico e per il rischio di una sua ridenominazione”. Il rialzo dei rendimenti dei titoli di stato su banche e famiglie “deprime il valore dei risparmi accumulati dalle famiglie”, mentre per banche e società gli effetti dell'incremento sono visibili “sull'aumento del costo della raccolta”.

Spese in aumento

Ma non solo. Secondo il governatore di Bankitalia, “il rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato si riflette negativamente anche sul bilancio pubblico e qualora non venisse riassorbito, l'incremento fin qui registrato provocherebbe, già dal prossimo anno, maggiori spese per interessi per circa 0,3 punti di Pil, oltre 5 miliardi”. Inoltre, “l'aggravio salirebbe a mezzo punto nel 2020 e a 0,7 punti nel 2021. Ciò accrescerebbe l'avanzo primario necessario anche solo a stabilizzare il rapporto tra il debito pubblico e il Pil”.

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