L’emergenza idrica romana ha fatto e sta facendo discutere, con la previsione (ormai quasi una certezza) di un razionamento del flusso d’acqua corrente con turni di 8 ore nei confronti di 3 milioni di cittadini capitolini. Una scelta di Acea, seguita alla decisione da parte della Regione Lazio di interrompere il prelevamento d’acqua dal Lago di Bracciano, principale bacino idrico della Capitale, ormai rasente a livelli di secca. Eppure, il rischio siccità non riguarderebbe solo Roma ma l’intera Penisola, con almeno 10 regioni italiane (i 2/3 dello Stivale) che, in base a quanto riferito nel dossier di Coldiretti, starebbero per inoltrare al Governo (nella fattispecie al Ministero delle Politiche agricole) la stessa richiesta che, nelle scorse ore, era stata ventilata dal governatore del Lazio, Zingaretti: la dichiarazione dello stato di calamità naturale.
Sostegno per le aziende
Se il Lago di Bracciano, negli ultimi giorni, appare evidentemente in stato di siccità, non è messo meglio il principale fiume italiano, il Po, letteralmente asciutto in alcuni tratti del suo percorso fra Reggio Emilia e Mantova tanto che, per le provincie di Parma e Piacenza, l’emergenza è già stata dichiarata. Secondo l’analisi di Coldiretti, la galoppante siccità delle ultime settimane avrebbe provocato danni ingenti alle aziende agricole e dedite all’allevamento: addirittura due miliardi di euro, stando a quanto riportato nel dossier dell’Associazione. Un campanello d’allarme che ha spinto le suddette 10 regioni (anche se i dati Coldiretti riguardano l’intera Penisola) a chiedere al Ministero lo stato di calamità naturale che, qualora fosse approvato, prevedrebbe, per le aziende, la sospensione delle rate dei mutui, il blocco dei pagamenti dei contributi e l’accesso al Fondo per il ristoro danni.
Siccità, Italia asciutta
I maggiori danni, secondo il dossier, riguardano proprio il settore delle coltivazioni, con bruschi cali di crescita e inaridimento delle terre dedite alle sementi. Decisamente dura anche la situazione per gli allevatori, alle prese con una progressiva regressione dell’erba utile ai pascoli e netti tagli alla produzione di fieno: in Trentino-Alto Adige, ad esempio, le gelate invernali, unite alla siccità, hanno causato perdite pari anche al 100% in diverse aziende frutticole. Non è certo migliore la situazione al Centro-Sud: nell’area dell’Umbira, Lazio e Abruzzo a subire i maggiori danni sono state le colture di cereali e foraggio, con gravissime perdite (addirittura del 50% nell’Agro Pontino) anche nel settore dell’orticola e dell’olivicoltura. In media, a restare all’asciutto è circa il 60% dei campi coltivati italiani.
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