“La giornata della Memoria ci impone di ricordare le tante vittime di una stagione lugubre e nefasta. Ma impegna a contrastare, oggi, ogni seme e ogni accenno di derive che ne provochino l’oblio o addirittura la ripetizione. Auschwitz è diventato un monumento contro l’orrore nazista. Ma è, e deve essere, anche la testimonianza consapevole, di quali sciagure sia capace di compiere l’uomo quando abbandona la strada della convivenza e della solidarietà e imbocca la strada dell’odio”. Lo ha detto il presidente Mattarella, che al Quirinale ha commemorato la liberazione del campo di sterminio nazista, avvenuta il 27 gennaio 1945.
Il capo dello Stato ha ricordato con amarezza quanti italiani si resero complici dell’orrore dei lager. “Rammentare e onorare, com’è bene fare, i tanti giusti, le tanti azioni eroiche – ha spiegato – non cancella, tuttavia, le colpe di chi, anche in Italia, si fece complice dei carnefici per paura, fanatismo o interesse“. Secondo Mattarella “Pensare: ‘Io non c’ero, non ero ancora nato’, non può rendere estraneo al dovere di rispondere alla domanda posta da un fardello così opprimente; non libera la storia presente da una domanda così stringente e carica di angoscia: come fu possibile che nel cuore dell’Europa cristiana, l’Europa culla di civiltà, nella quale erano nati i diritti della persona, i principi di libertà, eguaglianza, fraternità, si infiltrasse un cancro tanto micidiale e distruttivo?“.
E tuttavia Mattarella ha voluto anche rendere omaggio ai “650.000 militari italiani deportati nei campi tedeschi, perché dopo l’8 settembre si rifiutarono di servire Hitler. E’ una pagina di storia, colma di sofferenza e di coraggio, che è parte integrante della Resistenza italiana e che non sempre è adeguatamente conosciuta”.
La realtà dei campi di sterminio, ha aggiunto: “va oltre l’umana comprensione e oltre i limiti delle possibilità di espressione. Intellettuali, filosofi, storici, artisti hanno dibattuto a lungo sulla reale impossibilità di descrivere pienamente, il sistema Auschwitz: ‘il silenzio di Dio’, evocato da Wiesel, ‘l’esilio della parola’ di cui parla André Neher, non possono costituire però un ostacolo al nostro diritto-dovere di conoscere, indagare, studiare, riflettere. E prevenire. Nulla deve fermare la nostra volontà di ricordare, anche se ci provoca tuttora orrore e dolore“.
Mattarella ha poi lanciato un monito che riguarda i nostri tempi: “Ancora oggi dobbiamo chiederci: com’è possibile che, sotto forme diverse – che vanno dal negazionismo, alla xenofobia, all’antisionismo, a razzismi vecchi e nuovi, al suprematismo, al nazionalismo esasperato, al fanatismo religioso – com’è possibile, ripeto, che ancora oggi si sparga e si propaghi il germe dell’intolleranza, della discriminazione, della violenza?”.