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Serena Andreotti: “Mio padre si pentì della legge sull'aborto”

Avrebbe compiuto cent'anni oggi. Ma Giulio Andreotti ha attraversato la storia d'Italia condensando su di sé esperienze storiche talmente importanti da sembrare più longevo di un secolo. Sul suo conto è stato detto e scritto tanto. Encomi e denigrazioni, miti e sospetti si sono avvicendati freneticamente intorno alla peculiare sagoma del Divo Giulio. Per via di un carattere riservato, i suoi aspetti umani restano però imperscrutabili ai più. In Terris ha provato a conoscere l'Andreotti uomo, legato in modo indissolubile al politico, intervistando la figlia Serena, che insieme al fratello Stefano ne ha riordinato le carte dell'immenso archivio fino a recuperare un romanzo inedito del padre, Il buono cattivo, scritto tra il 1974 e il 1975 e ora pubblicato da “La nave di Teseo”.

Che padre era Giulio Andreotti?
“Era un padre molto particolare, in sostanza un gran padre. Era molto affettuoso, attento, quando eravamo piccoli ci viziava. Era anche un padre che stava spesso fuori casa, dunque lo vedevamo piuttosto poco, però la quantità di tempo scarsa era compensata da una qualità immensa”.

L'immaginario di molti italiani su suo padre è condizionato dal film “Il Divo”. Come reagì a quella pellicola?
“L'ha definita una mascalzonata. In genere il modo di parlare di mio padre era alquanto soft: già mascalzonata era un termine molto forte nel suo linguaggio”.

Suo padre fu ministro degli Esteri durante la vicenda di Sigonella. Oggi si parla molto di sovranismo; quello da molti è considerato un episodio in cui la sovranità italiana fu onorata dal Governo. Che ricordi ha di quei concitati giorni?
“In quei giorni credo che mio padre a casa non ci sia stato mai; i miei ricordi sono dunque legati a ciò che leggevo sui giornali, ascoltavo alla radio o vedevo in tv. A casa avemmo fin da subito il sentore che fosse in gioco una posta molto alta, pertanto furono giorni concitati anche per noi. Poi mi è capitato, ultimamente, mettendo a posto alcune carte all'archivio dell'Istituto Luigi Sturzo, di trovare dei documenti che dimostrano che alcuni aspetti di quella vicenda rimasero poco chiari per molte ore. Ad esempio, quando le autorità italiane concessero ai terroristi di scendere dalla nave Achille Lauro, non si sapeva ancora che a bordo c'era stata una vittima. Direi quindi che è stata una vicenda molto complicata, che testimonia però che l'Italia non si fece mettere i piedi in testa”.

E questo atteggiamento di forza da parte italiana potrebbe essere stato fatto pagare agli uomini di Governo di allora?
“Si è detto più volte che la vicenda di Sigonella potrebbe aver creato dei presupposti di inimicizia che poi hanno dato cattivi frutti anni dopo. Ma chi può saperlo con certezza? Siamo nell'ambito delle supposizioni, non ci sono prove. Direi che è inutile parlarne”.

Che rapporto aveva suo padre con la fede?
“Mio padre era molto credente. Andava a Messa tutti i giorni, dovunque si trovasse anzitutto chiedeva dove fosse una chiesa in cui poter andare per partecipare alla liturgia. Ma era una fede anche molto vissuta nella vita concreta, alimentata dall'aver conosciuto persone di straordinario livello. Aveva poi una devozione particolare nei confronti di Santa Teresa del Bambino Gesù e di San Josemaría Escrivá de Belaguer; il messaggio di quest'ultimo è chiaramente un invito al laico impegnato, che era la missione che babbo sentiva di dover svolgere”.

Quanto l'ha aiutato la fede durante il suo calvario processuale?
“Enormemente. Non credo che ce l'avrebbe potuta fare se non avesse avuto questa convinzione profonda che ciò che veramente conta è la giustizia divina e non quella umana”.

Si dice che Andreotti si pentì di aver firmato la legge 194 sull'aborto. È così?
“È vero. La legge è del 1978, quando anni dopo un ginecologo, credo fosse il prof. Adriano Bompiani, gli mostrò delle ecografie ostetriche, lui fu molto colpito e ne ebbe una pena enorme. Anche se allora la firma fu dettata dalla ragion di Stato, rimase per lui un rammarico”.

Che messaggio rivolge oggi la figura di suo padre all'attuale classe politica?
“Mio padre riteneva fondamentale studiare, informarsi, non improvvisare mai l'intervento su un qualsivoglia argomento. E poi riteneva altrettanto essenziale mantenere un tono medio, in modo da trattare avversari politici e compagni di partito con rispetto e pacatezza. Si tratta, a mio avviso, di insegnamenti che sarebbero molto importanti oggi”.

Giulio Andreotti che idea avrebbe dell'attuale contesto politico italiano?
“Non credo che gli piacerebbe, anzi ritengo che non gli piacerebbe per niente. Ma un simile sentimento lo avrebbe non solo verso l'Italia. Uno dei punti cardine della sua politica era un europeismo convinto, dunque anche la deriva che ha preso oggi l'Europa sarebbe per lui motivo di dolore”.

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