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Sentenza choc a Firenze: riconosciuta l’adozione per una coppia gay

La diga è rotta e ormai trattenere le acque sembra un’impresa al limite dell’impossibile. Dopo il caso di Trento, dove la Corte d’appello ha ammesso la trascrizione della paternità di una coppia gay nei confronti di due gemelli, riconosciuta all’estero, arriva dal Tribunale dei minori di Firenze un’altra sentenza choc che usa ancora una volta il cavallo di Troia della “continuità affettiva” per accogliere la richiesta di riconoscimento dell’adozione di due bambini, tra loro fratelli, pronunciata da parte di una Corte britannica a favore di una coppia di uomini.

Una decisione senza precedenti in Italia, che va oltre la cosiddetta stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio biologico del partner omosessuale, che peraltro era stata esclusa in occasione dell’approvazione della legge sulle unioni civili. Ma si sapeva bene che sarebbe stata questione di tempo, con buona pace anche di quelle forze (pseudo)cattoliche che hanno sostenuto la legge in parlamento. Era chiaro fin dall’inizio che la lobby lgbt non si sarebbe fermata e avrebbe contato sull’appoggio di qualche magistrato per aggirare la legge e introdurre surrettiziamente le adozioni.

La coppia omosessuale, due italiani da tempo residenti in Gran Bretagna ma domiciliati in Toscana, si è rivolta ad Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford che ha divulgato la notizia. L’obiettivo, spiega una nota dell’associazione, era “ottenere in Italia la trascrizione dei provvedimenti emessi dall’Autorità straniera a cui consegue per i figli il riconoscimento della cittadinanza italiana e del medesimo status e dei medesimi diritti riconosciuti nel Regno Unito”.

Oltre a basarsi sulla normativa che fa riferimento alla Convenzione dell’Aja del 1993, il Tribunale ha preso in esame “l’interesse superiore del minore” sostenendo, come riporta ancora Rete Lenford, “che deve essere salvaguardato il diritto dei minori a conservare lo status di figlio, riconosciutogli da un atto validamente formato in un altro Paese dell’Unione Europea (preceduto da una lunga, complessa e approfondita procedura di verifica), e che il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione esistente nel Regno Unito, determinerebbe una ‘incertezza giuridica’ che influirebbe negativamente sulla definizione dell’identità personale dei minori”. Inoltre i giudici sottolineano “come dalla documentazione prodotta sia emerso che ‘si tratta di una vera e propria famiglia e di un rapporto di filiazione in piena regola che come tale va pienamente tutelato’”.

Insomma, un altro passo favore dell’omogenitorialità che appare semplicemente come una tappa verso il pieno riconoscimento dell’adozione per le coppie gay. Non a caso la presidente di Rete Lenford Maria Grazia Sangalli, oltre a esultare per una sentenza “storica”, va già oltre. Perché in questo caso siamo di fronte a una “transnazionalità” che ha consentito anche in Italia un’adozione chiesta e ottenuta all’estero ma secondo la Sangalli “è ancora più evidente, a questo punto, l’inammissibile situazione di disuguaglianza in cui versano tutte quelle famiglie che non presentano questi tratti di transnazionalità, alle quali il legislatore nega in modo ideologico qualsiasi forma di riconoscimento e tutela”.

Il tutto in nome del “preminente interesse dei bambini”. Che invece non può essere altro che quello di crescere con un papà e una mamma. Una sentenza che è anche un pugno nello stomaco alle numerose coppie in attesa di adottare un figlio e che devono superare ostacoli burocratici che a volte sembrano insormontabili come l’Everest. “Dopo il Tribunale di Trento che a benedetto l’utero in affitto sfruttato all’estero, quello di Firenze si inventa la compatibilità con l’ordinamento italiano di un’adozione gay avvenuta anch’essa all’estero: i giudici stanno sfasciando il Diritto di Famiglia italiano con sentenze giacobine contro l’ordine costituzionale della nostra democrazia – ha dichiarato Filippo Savarese, portavoce di Generazione famiglia – Ci auguriamo che la sentenza di Firenze sia impugnata dal Pubblico Ministero come avvenuto a Trento, e che la Cassazione risolva tutti questi casi rispettando la Legge italiana e non quella di altri ordinamenti”.

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