Era una sentenza molto attesa dal variegato mondo della scuola. Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno stabilito che tutti gli scolari di primo e secondo grado non potranno più consumare, durante la mensa, il pasto portato da casa. Dunque dovranno magiare, tutti insieme, al refettorio. È questo il concetto principale alla base della decisione degli ermellini, il pasto collettivo fa parte del processo di educazione proprio della istituzioni scolastiche.
La ricostruzione della vicenda
È la fine di una lunga battaglia legale che con questa sentenza, sulla base di un ricorso presentato dal Ministero dell'Istruzione e del Comune di Torino, riporta la situazione indietro nel tempo, al 2017, quando fu il Tribunale di Torino a decidere che i genitori potevano optare se dare la “schiscetta ai propri figli” o iscriverli a mensa. Una battaglia portata avanti da un comitato di genitori di Torino e dal loro legale, Roberto Vecchione. Si aprì una querelle infinita che coinvolse poi anche il resto d'Italia. Oggi la parola fine. La Cassazione ha riconosciuto che la mensa non è un “diritto soggettivo” e ha annullato la sentenza di appello che aveva dato regione al Comitato Caro Mensa seguito da Vecchione. “Un diritto soggettivo perfetto e incondizionato all'autorefezione individuale, nell'orario della mensa e nei locali scolastici, non è configurabile”, si legge nella sentenza depositata oggi, con cui le sezioni unite civili della Corte si sono pronunciate sulla vicenda che era stata sollevata da alcuni genitori a Torino. Anche se a poco piu di un mese dal ritorno sui banchi la decisione rischia di creare problemi all'avvio delle scuole che si sono organizzate prevedendo sia il pasto da casa e il servizio mensa. “Alla luce del nuovo pronunciamento, l’Amministrazione procederà a supportare le famiglie e le scuole nelle prossime delicate fasi organizzative che conseguono alla decisione della Corte”, dichiara l'assessora all'Istruzione del Comune di Torino Antonietta Di Martino.