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Sbarchi: il destino
dei bambini scomparsi

Ogni anno in Italia scompaiono circa un migliaio di persone. Questo fenomeno negli ultimi anni ha visto un serio e preoccupante incremento dovuto all’immigrazione di massa. Dati allarmanti per il ministero degli Interni, il quale, nonostante le strategie messe in atto non riesce ancora a venire a capo del problema. Il prefetto Vittorio Piscitelli, dal 2013 Commissario straordinario per le persone scomparse, è in prima linea nell’attività di contrasto al fenomeno. In Terris lo ha intervistato.

Dott. Piscitelli è vero che l’Italia è tra i Paesi più sensibili al problema delle scomparse?
“Si, è vero. L’Italia è l’unico paese europeo in cui è stata creata un’istituzione governativa dedicata alle persone scomparse. Il lavoro è aumentato con gli sbarchi. A parte quelli deceduti nel Mediterraneo, sono molti coloro che arrivano nei centri di accoglienza di cui si perdono le tracce, soprattutto minori”.

Cosa accade?
“Sono bambini, adolescenti non accompagnati. Secondo la nostra mentalità mai metteremmo un figlio su un barcone e lo lasceremmo partire, ma è la disperazione a spingere questi genitori. Non sanno realmente cosa li aspetta dall’altra parte del Mediterraneo. A volte li affidano a parenti o amici, altre volte sono i genitori stessi che li aspettano in Europa, ma non li vedono più arrivare. Una bambina siriana di 6 anni era attesa dai genitori in Spagna, ma non è mai arrivata, era con due adulti che si identificavano come zii, ma non era vero, adesso la stiamo cercando con l’Interpol”.

Quali sono i Paesi dai quali fuggono?
“In particolare l’Eritrea, dove a 13 o 14 anni rischiano di essere arruolati nell’esercito e inviati in missioni di combattimento. Attualmente a Roma c’è un nucleo piuttosto nutrito che viene dall’Egitto, in particolare da una regione del Delta del Nilo; non si hanno prove certe, ma supponiamo che ci sia un’organizzazione che li porta in Italia per poi sfruttarli”.

È difficile pensare a bambini soli…
“Quando arrivano nel nostro Paese non pensano di rimanerci, hanno un progetto. Purtroppo durante il viaggio o addirittura nei centri di raccolta vengono derubati di tutto, compresi soldi e documenti se mai ne sono in possesso. A quel punto diventano vittime di personaggi malavitosi che privi di qualsiasi scrupolo li indirizzano verso la delinquenza oppure la prostituzione o peggio alla tratta di esseri umani”.

Cosa accade quando sbarcano?
“Ci sono team specializzati per la loro accoglienza. Alcuni di essi, specie gli adolescenti, sono di difficile identificazione, perché forniscono generalità false. Spesso ci sono maggiorenni che sembrano più piccoli e non possiamo prendere le impronte dentarie a tutti. Alcuni vengono a svernare, poi appena possono scappano, attraversano le frontiere e non possiamo più riportarli indietro perché anche nel Paese di destinazione utilizzano false identità. Molto dipende dal luogo in cui sbarcano. Talvolta, infatti, non vengono informati del fatto che, in qualità di minori, hanno diritto a tutele speciali. I tribunali dei minori se ne fanno carico e poi c’è una rete di tutori volontari. Abbiamo un sistema che li può proteggere. Anche se molti sono refrattari alla disciplina e fuggono lo stesso facendo perdere le tracce”.

Quanto contano i centri di accoglienza?
“Tanto, purtroppo però come si è visto le organizzazioni criminali hanno messo le mani sopra alcune di queste realtà. Di conseguenza l’attività di legalità che lo Stato come istituzione porta avanti è fortemente ostacolata, ma l’impegno è tanto. C’è un progetto anche con il Ministero del Welfare per creare attività di inserimento nel mondo del lavoro. Facciamo tanto, ma non viene pubblicizzato, la gente comune non lo sa quanto ci impegniamo”.

Cosa si può ancora fare?
“Capire che abbiamo una criticità è un passo avanti. La gestione della scomparsa richiede innanzitutto un investimento maggiore sul fronte della prevenzione, definendo in dettaglio una concreta azione. Per aumentare la visibilità del problema si deve provvedere alla attivazione di un sistema simile a quello americano ‘Namus’, un sistema nazionale collegato ad un sito web ‘aperto’ implementabile dall’esterno e accessibile on line anche dai familiari e da chiunque voglia fare segnalazioni utili”.

Cosa può fare un cittadino comune?
“Segnalare comportamenti anomali di adulti, segnalare quando un bambino è solo, visibilmente provato e/o maltrattato. A questo riguardo non ci sono solo bambini immigrati, ce ne sono anche altri rapiti e venduti. Ognuno deve avere una coscienza civica e non voltare lo sguardo dall’altra parte. Il favore lo si fa al minore, non alle Forze dell’Ordine”.

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