La Lega tira diritto sul caso fondi dopo l'ok della Corte di Cassazione al sequestro di conti del Carroccio.
Appello a Mattarella
E per farlo si rivolge direttamente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo ruolo di garante della Costituzione. “Milioni di italiani perbene si riconoscono nell'azione della Lega – hanno spiegato i capigruppo leghisti di Camera e Senato, Romeo e Molinari – mettere fuorilegge un partito per (eventuali) errori di altri risalenti a 10 anni fa non garantisce quello spirito di democrazia, libertà e partecipazione popolare su cui si fonda la nostra Costituzione e la nostra vita sociale. Ne parleremo col garante di questa Costituzione, col Presidente della Repubblica, nel pieno rispetto dei tanti giudici, la stragrande maggioranza, che svolgono bene e con imparzialità, la loro funzione”.
Salvini
Ma è opportuno tirare per la giacchetta il presidente della Repubblica su una vicenda giudiziaria? Matteo Salvini non ha dubbi: “Che io non possa andare a parlare con il presidente della Repubblica mi sembra una cosa bizzarra: è il garante della Costituzione e dei diritti dei cittadini. Io rispetto il lavoro della stragrande maggioranza dei giudici, che al 99% fanno bene e obiettivamente il loro lavoro, ma parlerò con Mattarella del fatto che la Lega sarebbe il primo partito in Europa messo fuori legge con una sentenza non definitiva per eventuali errori commessi da qualcuno più di dieci anni fa con cui io non c'entro nulla”. Se qualcuno, ha aggiunto, “dieci anni fa ha speso in maniera errata 300mila euro e verrà condannato in via definitiva, di quei 300mila euro, anche se non c'entro nulla, sono personalmente disposto a farmi carico. Se questo significa attaccare politicamente partito che sta conquistando la fiducia degli italiani ne parlerò con Mattarella: penso sia ancora permesso che il vicepremier possa parlare con il suo presidente della Repubblica. Starà a Mattarella decidere se c'è in ballo la libertà d'espressione o la democrazia”. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, sentito dall'Ansa, però, avverte: “Tutti devono potersi difendere fino all'ultimo grado di giudizio. Poi, però, le sentenze vanno rispettate, senza evocare scenari che sembrano appartenere più alla Seconda Repubblica“.
Dura l'Anm
Sulla vicenda è tornata anche l'Associazione nazionale magistrati. I giudici, spiega il più noto sindacato di categoria, “non adottano provvedimenti che costituiscono attacco alla democrazia o alla Costituzione, nè perseguono fini politici”. Ed “evocare un possibile intervento del Capo dello Stato nella vicenda risulta essere fuori dal perimetro costituzionale“. Per l'Anm “le modalità con cui il dibattito si è alimentato creano confusione e rischiano di produrre effetti distorsivi sui precisi confini, fissati dalla Costituzione, tra la magistratura, autonoma e indipendente, e gli altri poteri dello Stato“. Viene altresì rigettato “ogni tentativo di delegittimare la giurisdizione e di offuscare l'imparzialità dei magistrati, principio costituzionale a difesa del quale continuerà sempre a svolgere la propria azione, auspicando che chiunque eserciti funzioni pubbliche abbia a cuore gli stessi fondamentali principi”.