Niente voucher di 600 euro al mese. E’ saltato il contributo che era stato previsto in precedenza nel caso una donna avesse scelto di rientrare subito al lavoro. Rinviata anche l’entrata in vigore della Carta bimbi da 400 euro per pagare asili, baby sitter e spese connesse alla nascita. “Con la Manovra 2020 sono confermati alcuni bonus per neo mamme, ma cambiano le modalità di accesso- analizza Donna Moderna-. Rinviati, invece, altri provvedimenti che erano stati ipotizzati a sostegno delle madri lavoratrici, per incentivare e soprattutto sostenere le donne che, dopo la maternità, vorrebbero tornare in ufficio. Ma nella giungla di provvedimenti vecchi e nuovi, quali sono davvero utili alle madri? Cosa serve realmente a chi non può contare sull’aiuto prezioso dei nonni o di baby sitter, che però pesano sul bilancio familiare?”. Meno di una famiglia su tre in Italia (il 31% dei nuclei con figli minori) si avvale regolarmente, per almeno uno dei figli, di servizi pubblici o privati come asili nido, scuole materne, ludoteche, baby-sitter o altro. La percentuale è più alta al Nord (34,5%) e al Centro (33,3%), mentre scende nel Mezzogiorno (24,9%), rileva l'Istat in un report su conciliazione tra lavoro e famiglie relativo al 2018, spiegando che 38% delle famiglie conta invece sull'aiuto di familiari e amici per accudire i figli. E in nove casi su dieci a dare il supporto sono i nonni (34,4%). Più bassa la percentuale tra i nuclei del Mezzogiorno (33%), rispetto a quelli del Centro-nord (circa il 40%), per la minore presenza di famiglie in cui la donna è occupata.
Il ricorso ai servizi
Le motivazioni per le quali non si ricorre all'utilizzo dei servizi sono perché troppo costosi (9,6%) oppure assenti o senza posti disponibili (4,4%). In particolare – osserva l'Istat- lamentano costi troppo alti le madri con figli di 0-5 anni (15,6%) e le non occupate (12,9%), le quote più alte per la mancanza dei servizi sono sempre tra le madri di figli in età prescolare (6%) e le residenti nel Mezzogiorno (5,5%). Tra le madri di figli di 0-14 anni che dichiarano di non utilizzare i servizi circa il 15% ne avrebbe bisogno; tale quota sale al 23,2% per chi ha figli tra 0 e 5 anni, a 19,1% tra le non occupate e al 17,5% per le residenti nel Mezzogiorno. Nel dettaglio, puntualizza l'Istat, ricorre all'uso dei servizi quasi il 38% dei nuclei familiari in cui entrambi i partner sono occupati, e nel 24,6% dei casi l'uso dei servizi è affiancato al supporto di parenti o amici. Se è solo l'uomo a essere occupato, invece, il ricorso ai servizi per almeno un figlio riguarda circa il 26% delle coppie e solamente l'8,4% si avvale anche del supporto di parenti o amici. Il ricorso esclusivo all'aiuto di parenti o amici riguarda perlopiù il monogenitore occupato (33,9%) (in più dell'85% dei casi si tratta di donne) e le coppie di occupati (27,3%). La presenza in famiglia di figli in età prescolare comporta un maggior ricorso ai servizi, nella quasi totalità dei casi si tratta dell'utilizzo di asili nido o di scuole materne. Oltre la metà dei nuclei familiari con figlio tra 0 e 5 anni utilizza almeno un servizio (53,3%) e la quota sale al 63,7% nel caso di coppie in cui entrambi i genitori sono occupati. Le quote sono più alte al Centro-nord (circa il 58%) rispetto al Mezzogiorno (44,5%). Inoltre, circa il 6% delle famiglie con figli tra 0 e 14 anni usa il pre o il post scuola; di più al Nord, dove supera l'8%, rispetto al resto del territorio. Ricorre abitualmente alla baby-sitter poco meno del 3% dei nuclei familiari con figli tra 0 e 14 anni, nel caso delle coppie in cui entrambi i genitori sono occupati la quota si avvicina al 5%. I nuclei familiari dove non ci si avvale di servizi né dell'aiuto di familiari sono il 48%, tra questi il 37% dichiara di occuparsi da soli e/o con il partner della cura dei figli e, in poco più del 10% dei casi, di avere figli che non hanno bisogno di servizi perché autosufficienti.
A prescindere dal reddito
Le Legge di Bilancio conferma alcuni contributi per le neomamme, aumentandone l’importo o modificandoli a secondo dai casi. “È confermato per il 2020 il nostro ormai conosciuto Premio Nascita o chiamato anche Bonus Mamme domani da 800 euro. È stato invece allungato il congedo di paternità che sale a 7 giorni. Tra le altre novità c’è il rinforzo del Bonus Nido erogato fino al compimento del 3 anno di vita del minore e utile per pagare la retta del nido (pubblico o privato) o anche un servizio di baby sitter, e questa è una novità”, spiega Carolina Casolo, ideatrice di Sportello Mamme, una start up nata per dare supporto proprio a chi cerca di orientarsi nel mondo dei bonus. “Finora – afferma Casolo al settimanale diretto da Annalisa Monfreda – era previsto un contributo di 1.500 euro annuali a prescindere dal reddito”. Dal 2020 invece ci saranno nuove casistiche: 1.500 euro con Isee superiore a 40mila euro, 2.500 euro con Isee tra 25mila e 40mila euro. 3.000 euro con Isee sotto 25mila euro. “Questo assegno è stato confermato e rimodulato. Viene erogato sempre per un massimo di 12 mensilità ad una platea maggiore in maniera inversamente proporzionale al valore dell'Isee: è pari a 1.920 euro (come prima) per Isee fino a 7mila euro, mentre scende a 1.440 (ridotto) per Isee da 7 a 40 mila euro.
Assegno di maternità
Sopra i 40mila euro il bonus è di 960 euro. Slitta, infine, al 2021 il tanto atteso Assegno Unico. Si tratta di un assegno previsto per ciascun minore fino al compimento dei 18 anni che rivedrà tutti i contributi attualmente in vigore”, analizza Donna Moderna. Oltre ai provvedimenti previsti nella Manovra esistono altre misure: l’assegno di maternità dello Stato (fruibile per un massimo di 5 mesi per lavoratrici dipendenti, licenziate o dimesse, o in disoccupazione Naspi, così come per quelle in mobilità o in cassa integrazione, dunque esteso anche alle precarie. Spetta anche alle mamme in gestione separata. Per le disoccupate o casalinghe, invece, è possibile ottenere un contributo comunale, mentre a sostegno delle famiglie a basso reddito sono previsti sconti o riduzioni in bolletta. “Nonostante possa sembrare di disporre di una vasta scelta, possono capitare paradossi come quello di una mamma di Albissola, in Liguria, che ha dovuto rinunciare all’assegno di invalidità che spettava al figlio per poter usufruire dell’Assegno per il nucleo familiare altrimenti, per cumulo di redditi, non ne avrebbe avuto diritto e l’importo per l’invalidità sarebbe stato insufficiente”, precisa la fondatrice di Sportello Mamme.
Casa-lavoro
Le neomamme nel 2020 non potranno contare sul voucher baby sitter, i 600 euro al mese che erano stati previsti in precedenza nel caso una donna avesse scelto di rientrare subito al lavoro. Rinviata anche l’entrata in vigore della Carta bimbi da 400 euro per pagare asili, baby sitter e spese connesse alla nascita. In generale, la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli di vita familiare risulta difficoltosa per più di un terzo degli occupati (35,1%) con responsabilità di cura nei confronti di figli. Ma sono soprattutto le donne ad aver modificato qualche aspetto della propria attività lavorativa per meglio combinare il lavoro con le esigenze di cura dei figli: il 38,3% delle madri occupate, oltre un milione, ha dichiarato di aver apportato un cambiamento, contro poco più di mezzo milione di padri (11,9%). E le diverse dinamiche occupazionali tra madri e donne senza figli, su chi ha un lavoro e chi no, sono più evidenti nel Mezzogiorno (di 16 punti percentuali il divario) e più contenute a Centro e Nord (rispettivamente 11 e 10 punti percentuali). “Ciò che aiuterebbe davvero le madri è piuttosto una reale indennità di maternità, estesa a un anno invece che i 5 mesi attuali, ma retribuita al 100% non al 30%, perché altrimenti le donne sono costrette a tornare in ufficio troppo presto o, se non possono, a rinunciare al lavoro- commenta Donna Moderna-. Ci vorrebbe un welfare statale, non aziendale. Solo le realtà grandi, come possono essere big come Google, sono in grado di attuare politiche di questo genere, mentre le aziende medio-piccole, magari a conduzione familiare, non possono”. La Manovra finanziaria prevede il congedo di paternità a 7 giorni, ma anche in questo caso non è sufficiente: “È stata presentata come novità, soprattutto per dare più rilievo alla figura paterna, ma non bastano 7 giorni – sottolinea il settimanale -. Oggi un padre può godere del periodo obbligatorio di maternità solo se in caso di decesso della madre o se questa non riconosce il figlio. Per stare a casa di più gli uomini possono contare solo sul congedo parentale: sono 11 mesi da dividersi con la madre. Ma nella realtà le famiglie preferiscono che a casa stia la mamma, per non rinunciare allo stipendio pieno –e in genere maggiore del padre”.