Non c'è Russiagate in casa Italia. Il premier Conte lo ha ribadito con forza durante la sua audizione al Copasir, nell'ambito della vicenda che, per due anni, ha tenuto la sorte del presidente degli Stati Uniti appesa al filo della giustizia. Il presidente del Consiglio ha chiarito alcuni punti ritenuti fondamentali: “Sono intervenuto al Copasir ai sensi dell'art. 33 della legge 124, che prevede che il responsabile dell'autorità del controllo dell'intelligence debba riferire semestralmente. Quindi non sono stato convocato sul caso Barr, ma io stesso, non appena ho saputo della nomina del nuovo presidente ho scritto che si svolgesse quest'incontro ordinario e con l'occasione non mi sono affatto sottratto”. E con Barr, nello specifico, Conte dichiara di non aver mai parlato, così come “i servizi di intelligence” italiani “sono estranei alla vicenda”.
La vicenda
Un chiarimento necessario, perché gli Usa hanno tutta l'intenzione di far luce sul caso Mifsud (ritenuto colui che, nel 2016, avrebbe passato all'allora consigliere di Trump, George Papadopoulos, l'informazione sulle famigerate email compromettenti su Hillary Clinton) e, di conseguenza, sui presunti incontri che il procuratore generale degli Stati Uniti avrebbe intrattenuto con i nostri 007 tra agosto e settembre. E il premier spiega tutto in conferenza stampa: “Qualcuno ha collegato il tweet di Trump contenente apprezzamento nei miei confronti a questa inchiesta… Trump non mi ha mai parlato di questa inchiesta. La richiesta da parte degli Stati Uniti risale a giugno ed è prevenuta da Barr. L'attorney ha chiesto di verificare l’operato degli agenti americani e la richiesta è avvenuta sul presupposto di non voler mettere in discussione l’operato delle autorità italiane”. A tal proposito, Conte ha tenuto a precisare di non aver “mai parlato con Barr neanche per telefono”, acconsentendo comunque “a questa interlocuzione per chiarire che la nostra intelligence era estranea a questa vicenda”.
Gli incontri
In merito agli incontri tra Barr e l'Intelligence italiana, il premier ha riordinato i fatti indicandone due, il 15 agosto e il 27 settembre: “Mi risulta che Barr fosse in Italia per motivi personali. Si è trattato di una riunione tecnica con il direttore del Dis Gennaro Vecchione, che non si è svolta all’ambasciata americana né in un bar, né in un albergo come riportato da alcuni organi di informazione, ma nella sede di piazza Dante del Dis. E’ stata una riunione in cui è stato chiesto alla controparte americana di definire il perimetro di questa collaborazione”. Poi una seconda occasione, stesso posto: “Anche questo incontro è avvenuto nella sede di piazza Dante, c’erano i direttori di Aise e Aisi. Si è chiarito che la nostra intelligence è estranea a questa vicenda. Gli interlocutori Usa questa estraneità è stata riconosciuta… Tra le varie illazioni qualcuno ha ipotizzato che avrei dovuto informare singoli ministri o leader politici di questa interlocuzione. Chi ha scritto queste cose non conosce la normativa. Il presidente del Consiglio, in base alla legge 124/2007, ha l’alta direzione dei servizi, non la divide con nessun ministro né leader politico. Se lo avessi fatto, avrei violato la legge”. Piuttosto, ha spiegato il premier, “siamo al di là di un'opinione o di una sensibilità istituzionale, forse Matteo Salvini dovrebbe chiarire che ci faceva con Gianluca Savoini, con le massime autorità russe, il ministro dell'Interno, il responsabile dell'intelligence russa. Dovrebbe chiarirlo a noi e agli elettori leghisti. Dovrebbe chiarire se idoneo o no a governare un Paese”.