Sindacati sul piede di guerra per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici, scaduto da 7 anni. La Uilpa – la federazione sindacale italiana che in seno alla Uil rappresenta tutti i lavoratori della pubblica amministrazione – chiede risorse “certe”, almeno 7 miliardi “per restituire dignità e professionalità ai lavoratori”.
La Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori Funzione pubblica (Cisl Fp) sottolinea che gli stipendi sono tornati ai livelli del 2001: nel 2009 un dipendente pubblico percepiva in termini nominali circa 4.300 euro in più rispetto ad un lavoratore del settore manifatturiero e oggi percepisce 1.300 euro in meno.
L’anno scorso una sentenza della Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittimo il blocco della contrattazione da agosto del 2015, escludendone la retroattività per evitare voragini nel bilancio dello Stato. L’Avvocatura generale quantificò poi il costo dei mancati rinnovi 2010-2015 in 35 miliardi di euro. “Trentacinque miliardi per cinque anni come certificato dall’Avvocatura dello Stato nella memoria presentata alla Corte Costituzionale – ha affermato Michele Gentile, coordinatore del dipartimento del pubblico impiego della Cgil – equivarrebbero a 7 miliardi per ogni anno”.
Il blocco dei rinnovi – dice Michele Gentile, coordinatore del dipartimento del pubblico impiego della Cgil – si è concretizzato in un mancato incremento in busta paga di almeno 212 euro lordi al mese per i circa 3,3 milioni di dipendenti pubblici che attendono il rinnovo. Al netto del Fisco, la cifra si traduce in 132 euro: dei 7 miliardi, ne tornano nelle casse dello Stato circa 2,3. Il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, ha già aperto un tavolo con i sindacati e ha promesso che il confronto partirà a giorni, dai primi di settembre.