Per il Pd si preannuncia un autunno bollente. Dopo il salvataggio del senatore Azzollini e il voto sulla riforma del canone Rai (in cui diversi esponenti dem si sono schierati contro il governo) sembra tutto pronto per la resa dei conti tra renziani e minoranza. L’accusa rivolta dai parlamentari vicini al Giglio Magico del premier nei confronti dei frondisti è quella di volere un “Vietnam” parlamentare per fermare il percorso di cambiamento e far fuori l’esecutivo in modo di “tornare al passato”. Maria Elena Boschi, dalla Festa dell’Unità di Reggio Emilia, ha avvertito: “Chi rema contro sulle riforme si assume la responsabilità di consegnare il nostro Paese a Grillo e Salvini, alle destre populiste” e ha poi aggiunto: “Toccherà a noi giovani esser più saggi di senatori che hanno più esperienza parlamentare ma minacciano la guerriglia parlamentare contro il proprio partito. Nel Pd si decide a maggioranza e chi ha un’idea diversa fa un passo indietro. Mi stupisce che persone più autorevoli di me mettano in discussione questo principio di democrazia”.
Le ha fatto Eco Debora Serracchiani che ha lanciato un appello: “Chiedo a tutto il Pd, minoranza compresa, di respingere questo rischio”. Renzi, da parte sua, ha assicurato: “Andremo fino in fondo e faremo il referendum in cui i cittadini diranno sì o no alla riforma del Senato”. Secondo fonti parlamentari il premier sarebbe stato molto contrariato dal leggere un articolo su La Repubblica in cui senatori della minoranza annunciavano battaglia sugli emendamenti anche a costo di far “ripartire da zero” la riforma. Perché bloccare il ddl costituzionale, denunciano per tutto il giorno i renziani, vorrebbe dire bloccare il cambiamento. Dunque annunciare un “Vietnam” in Senato “non è guerriglia – ha attaccato a muso duro Francesca Puglisi – ma la patetica dimostrazione dell’incapacità della minoranza di essere riformista”.
Duro anche il presidente del Pd, Matteo Orfini: “E’ incredibile – ha detto – che alcuni senatori minaccino il Vietnam contro il nostro governo”. Ma le accuse dei renziani, ribattono dalla minoranza, sono il segnale che si sta seguendo “una china politicamente pericolosa”. La risposta della minoranza non si è fatta attendere. “I soliti pretoriani dell’obbedire – hanno tuonato Vannino Chiti e Maurizio Migliavacca – si inventano congiure, trappole, agguati. Ma lealtà non è fedeltà acritica: su questo non siamo disposti ad accettare lezioni”. La verità, hanno spiegato, è che il documento dei 25 senatori per il Senato elettivo (ma in tutto su quella linea sarebbero in 29, calcola Mineo) non ha ancora ricevuto risposte. “E allora sollevare polveroni per evitare il confronto serve solo a dividere il Pd. Finché si e’ in tempo – hanno affermato – si considerino le conseguenze”.