“Quando parliamo di scuola parliamo di Italia, in gioco non è una riforma come le altre, stiamo discutendo di che Italia vogliamo per i prossimi 30 anni”. Renzi punta sulla scuola, e lo fa annunciando i prossimi passi in occasione dell’evento del Pd sul settore. D’altronde il settore scolastico è sempre stato un suo punto fermo, dal primo discorso da premier. Ma non basta. Renzi punta ad un’educazione più generale, che esca anche dalle aule: “La riforma della scuola da sola non basta. Senza la riforma della Rai, come straordinario motore identitario e culturale di questo Paese, non siamo in grado di fare alcun investimento educativo”.
“Lo so – ha spiegato – che gli addetti ai lavori non ne possono più e non si fidano della politica. La frustrazione degli annunci fatti cui non è corrisposto un impegno porta gli insegnanti a non crederci e questa è una partita difficile. Siamo nell’imminenza di un momento molto importante dal punto di vista normativo: stiamo per riscrivere le regole sulla scuola”.
Un passaggio anche sulle cosiddette “classi pollaio”: “Sono inaccettabili”, ha detto il premier. “Con la riforma non ragioniamo semplicemente di una riorganizzazione”, perché l’obiettivo è “riportare la scuola al centro della città”.
Ma come finanziare il comparto in un momento di crisi economica e di scarse risorse? “Si deve introdurre un meccanismo del 5 per mille anche per la cultura. Daremo autonomia alle scuole in futuro, spero dal 2016, anche dal punto di vista economico. Sarà un meccanismo serio nel quale ciascun genitore e cittadino in dichiarazione dei redditi indica la singola scuola”.
Dal presidente del Consiglio un messaggio ai precari: “Basta giocare sulla pelle degli insegnanti precari: non possiamo consentire di fare della figura dell’insegnante uno che prima di avere la cattedra e’ demotivato da anni di precariato”.
Infine l’attacco politico: “C’è chi vuole cambiare davvero l’Italia e chi invece vorrebbe che tutto restasse così com’è e noi non l’accettiamo. Noi cambieremo l’Italia. Ascoltare tutti non vuol dire non fare più niente, sennò è paralisi, palude, lo stesso atteggiamento che ha bloccato l’Italia per 20 anni e che non consentiremo che continui”.