Non si limita a difendere Renzi a riguardo della riforma del lavoro varata venerdì scorso, infatti contrattacca. Nel mirino finisce il leader Fiom, Maurizio Landini, dopo che ha dichiarato di voler entrare in politica per opporsi al premier: “Un sindacalista che fa politica?- ironizza Renzi – non è il primo. Sul Jobs Act ognuno può avere l’opinione che vuole”, la maggioranza del Pd non accetta tutte le accuse della minoranza e dei sindacati. Il leader del Pd rincara poi la dose, dicendo che non è Landini a voler abbandonare il sindacato, ma è la Fiom ad aver isolato il sindacalista, costringendolo ad altri percorsi. E afferma ancora che “il progetto Marchionne sta partendo, la Fiat sta tornando – per fortuna – a fare macchine. La sconfitta sindacale pone Landini” nell’esigenza di cambiare pagina, e il suo impegno in politica è scontato.
Landini non ha risposto a Renzi, ma ha diffuso in serata una nota, dicendo che l’intervista sul Fatto Quotidiano di domenica 22 febbraio gli attribuisce “un’affermazione non pronunciata e perlomeno forzata” – riferendosi ad una frase attribuita al sindacalista “adesso faccio politica” – ed è fuoriante”. Infatti nell’articolo non si legge nessun riferimento diretto all’impegno di tipo partitico o elettorale. La sfida a Renzi consisterebbe nella creazione di una coalizione sociale che superi i confini della tradizionale rappresentanza sindacale, che possa unificare e rappresentare tutte le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare. L’intervista di Landini ha comunque provocato una certa freddezza nella Cgil, espressa dal portavoce di Susanna Camusso, Massimo Gibelli: “Auguri a Landini se vuol fare politica, ma la Fiom è un’altra cosa”.
In mattinata erano arrivate le reazioni del big del partito alle critiche mosse dalle parti sociali e dalla sinistra interna al partito: “Il testo del Jobs act – ha detto il vicesegretario del Pd, Debora Serracchiani – è stato largamente condiviso anche con la minoranza Pd. Mi fa piacere, poi che Ncd esulti per una riforma di sinistra”.