L’Europa deve abbandonare gli egoismi e dare una mano concreta all’Italia sui migranti. E le opposizioni dovrebbero smettere di dire solo no e guardare senza ideologie alla manovra, che conferma i finanziamenti alla sanità e tende la mano ai pensionati. Matteo Renzi difende con forza il lavoro del governo, a partire dall’addio ad Equitalia, simbolo “vessatorio” con relativa “rottamazione” delle vecchie cartelle, che risponde alla logica “pagare meno, pagare tutti”.
Consapevole che l’esame più difficile sarà quello di Bruxelles ma che anche in Parlamento non sarà proprio una passeggiata, il premier lancia una sfida ai partner europei (“sono curioso di vedere quali rilievi” potrebbero fare, ha detto) e un appello ai partiti di opposizione che già hanno alzato il tiro contro la manovra. Anche Massimo D’Alema l’ha criticata, definendola “abbastanza elettorale”. Non si può dire solo no, insiste il premier, augurandosi che almeno su sanità e pensioni possa arrivare l’ok anche dell’opposizione.
Lo sguardo va poi a Bruxelles, che domani riceverà il documento programmatico di Bilancio con le linee principali di intervento della manovra e le indicazioni delle stime di crescita – all’1%, “non a portata di mano ma nemmeno impossibile” come ha sottolineato il dg della Banca d’Italia Salvatore Rossi. Nel Draft Budgetary Plan, a differenza di quanto indicato nella nota di aggiornamento al Def, ci sarà invece il deficit al 2,3% (rispetto al 2%). Una scelta, quella di alzare l’indebitamento, che sarà da fare “digerire” a Bruxelles ma che dovrebbe intanto permettere di presentare il documento con la validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio e, soprattutto, che mette a servizio della manovra altri 3 miliardi e mezzo di coperture.
Anche se il premier assicura che al di là delle “solite polemiche” le coperture “ci sono tutte”, sulle risorse che andranno a finanziare i nuovi interventi ancora non c’è totale chiarezza. Al momento l’unica copertura ufficiale e dichiarata è quella che deriva dal bis della voluntary disclosure (2 miliardi), oltre al margine di 0,7 punti di deficit (per circa 12 miliardi). Incerto invece se tutti e 4 i miliardi previsti dall’incasso dell’operazione sulle cartelle Equitalia saranno utilizzati. Di certo si tratta di misure ”one off”, una tantum, che fanno venire l’orticaria ai funzionari europei. Chiari invece, come indicato ieri nelle slide, 1,6 miliardi che arriveranno da “riorganizzazione di fondi”, che, viene spiegato, si tradurranno di fatto in tagli ai ministeri.
Dal recupero dell’Iva potrebbero arrivare altri 3-4 miliardi, mentre dalla rimodulazione dell’Ace potrebbe arrivarne 1 e mezzo. C’è poi la spending review vera e propria che potrebbe lievitare, nel complesso, oltre i 3,5 miliardi (2 potrebbero essere il target assegnato alla sola Consip per i risparmi sugli acquisti di beni e servizi). In attesa del testo, che dovrebbe essere trasmesso alle Camere entro il 20 ottobre, si stanno intanto definendo meglio anche alcuni capitoli della manovra: dalla spinta alla messa in sicurezza antisismica – con il sismabonus potenziato fino a un massimo dell’85%, esteso a seconde case e attività produttive anche della zona 3 di rischio, da scontare in 5 anni anziché in 10 – a quella per la riqualificazione energetica anche dei grandi palazzoni, con l’ecobonus più vantaggioso per i condomini che migliorano i consumi. Confermata anche, dopo lunga riflessione, una ultima tranche, selettiva, di sgravi per il lavoro stabile. I 700 milioni disponibili andranno alle assunzioni di giovani (che abbiano fatto il percorso di Garanzia Giovani o dell’alternanza scuola-lavoro) e per gli under 29 e over 50 nel Mezzogiorno.