“Le prossime settimane saranno importanti e l’impegno dovrà aumentare”. Maria Elena Boschi nei giorni scorsi ha chiamato a raccolta il fronte dem per il “Sì” al referendum. “Se vogliamo avere l’occasione di fare un passo in avanti, lo possiamo fare con questa riforma, che garantisce la stabilità. Poi può darsi che nel tempo alcune cose si possano rivedere” ha spiegato la ministra. Boschi ha risposto anche Massimo D’Alema che si è schiera con il no: “sono pronta a fargli cambiare idea”, ha detto e poi ha annunciato: “Il referendum costituzionale potrebbe svolgersi tra la fine di novembre e i primi di dicembre. Nelle prossime settimane il Consiglio dei ministri stabilirà la data in base ai termini di legge. C’è tempo per indirlo fino al 13 settembre, poi in base alla legge il voto si svolgerà in una data compresa tra 50 e 70 giorni. E’ quindi probabile che si svolga tra la fine di novembre e i primi di dicembre”.
Ha sottoscritto le parole del suo ministro sull’importanza del sì il premier Matteo Renzi: “La vittoria del sì vuol dire che l’Italia avrà stabilità” per pensare ad altre questioni importanti, ed “è importante che sulle riforme strutturali alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, abbiano espresso apprezzamento, valorizzando il nostro lavoro”, ha detto parlando dal G20 in Cina. Il gioco si fa duro e ci si schiera in campo. In sostegno del Si arriva la lettera appello della “Sinistra per il sì”, che il 2 ottobre farà la sua assemblea a Milano. Personalità della politica e della società civile, che hanno dichiarato di “avere a cuore prima di tutto democrazia, lavoro, welfare, solidarietà, equità, partecipazione. Per una democrazia inclusiva e decidente”. Tra i primi a firmare Luigi Berlinguer, Cassano, Chiti, Damiano, De Micheli, Fassino, Finocchiaro, Gualtieri, Kustermann, Marini, Martina, Mauri, Orfini, Orlando, Pittella, Pizzetti, Ronchi, Staino, Tronti, Veca, Verducci, Zavoli ed il governatore del Lazio Nicola Zingaretti.
Ma poiché – come ha detto il leader della sinistra Pd Roberto Speranza invocando il dialogo, “Il Pd non può trasformarsi in un mega comitato elettorale per il sì o in una caserma in cui si ha cittadinanza solo se si vota sì” – ecco che scendono in campo anche i dem per il No, con un capitano di peso: Massimo D’Alema. Da loro arrivano le accuse, nei confronti di Renzi, di aver “snaturato il confronto referendario”, volendo dar vita ad “una sorta di partito unico di governo, posizionato al centro, che si concepisce come alternativo alla destra e alla sinistra”, alterando così “il profilo costitutivo del Pd quale partito di centrosinistra”.
Il fronte dem per il No ha spiegato – in un documento firmato tra gli altri da Corsini, Dirindin, Manconi, Micheloni, Mucchetti, Ricchiutti, Tocci, Bossa, Capodicasa, Monaco – che in caso di bocciatura della riforma “la circostanza che anche elettori e militanti del Pd possano avere contribuito al no non autorizzerebbe a stabilire l’improprio automatismo: no alla riforma=crisi di governo”.