Il Pd cerca di trovare un punto d’incontro per superare le divisioni in vista del referendum del 4 dicembre. Gianni Cuperlo rappresenterà la minoranza nella commissione del partito che sonderà gli spazi per cambiare l’Italicum e provare a far rientrare il No della sinistra Dem. Il percorso è minato: Pier Luigi Bersani professa “scetticismo” sulle possibilità di un accordo. Ma Matteo Renzi giudica positivo l’impegno di Cuperlo: almeno il suo No, notano i renziani, alla fine potrebbe diventare Sì.
Il clima però è avvelenato. E Massimo D’Alema, nel rilanciare la sua campagna contro il referendum, lancia accuse pesantissime: i sostenitori del Sì usano toni “minacciosi” in un clima di “intimidazione”. Mancano sette settimane al voto, eppure già c’è aria da resa dei conti finale. Perciò decide intervenire il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con un appello ad abbassare il tenore dello scontro: il confronto deve essere sul merito, “composto” e “rispettoso”. Prima e dopo il referendum, dichiara il capo dello Stato parlando ai sindaci d’Italia a Bari, è “necessario il contributo di tutti, sereno e reciprocamente rispettoso. Rispettoso del libero convincimento degli elettori”.
D’Alema riunisce un composito fronte del No, lancia la sua proposta di riforma alternativa e accusa: “Esiste un blocco del Sì, sostenuto dai poteri forti. Uno schieramento minaccioso, da cui capita di subire insulti”, in un clima di “paura”. In platea c’è anche Davide Zoggia, deputato bersaniano. Ma Gianni Cuperlo si tiene distante e si dissocia dalle parole dell’ex premier. E la maggioranza Pd insorge: D’Alema “alza il livello polemico per evitare il confronto nel merito”, attacca Andrea Marcucci. E Matteo Orfini sibila: “Lui riunisce Rodotà e Gasparri, Ingroia e Fini. E poi accusa noi di fare il partito della nazione”.