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Reato di tortura, il Senato approva il ddl con 195 voti a favore. Il provvedimento torna all’esame della Camera

Con 195 voti favorevoli, 8 contrari e 34 astenuti, il Senato ha approvato il disegno di legge che introduce il reato di tortura nell’ordinamento italiano. Il provvedimento, che è alla terza lettura, torna ora all’esame della Camera.

Cosa prevede il testo

Il nuovo testo approvato dai senatori, all’articolo 1 prevede che chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, causa acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà,  vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da tre a dieci anni. Il reato, viene specificato, è commesso mediante più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni o da un incaricato di un pubblico servizio nell’esecuzione del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni. L’articolo 2, invece, stabilisce che le dichiarazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono utilizzabili in un processo penale.

Il testo modifica anche la disciplina sull’immigrazione prevedendo che non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non può essere riconosciuta l’immunità diplomatica agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale. Nel rispetto del diritto interno e dei trattati internazionali, lo straniero è estradato verso lo Stato richiedente nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso il tribunale stesso o lo Stato individuato ai sensi dello statuto del medesimo tribunale.

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