L’Italia si conferma nella top 10 della pressione fiscale in Europa. Lo ha rilevato un’analisi dell’Ocse, secondo cui il livello di tassazione, nel 2013, si è attestato al 42,6% del Pil, in lieve calo rispetto al 2012, quando rappresentava il 42,7% del Prodotto interno lordo. Il tutto a fronte di una media dei Paesi Ocse passata dal 33,7% al 34,1%. Nel 2012, l’ultimo anno per il quale sono disponibili i dati su tutti i paesi dell’area, l’Italia risultava quinta per pressione fiscale. Nel 2013, invece, sarebbe scesa al sesto posto dopo Danimarca, Francia, Belgio, Finlandia e Svezia.
Le entrate fiscali italiane derivano al 30% dai contributi previdenziali e sociali (media Ocse 26%), al 27% dalle imposte sul reddito delle persone fisiche, al 26% dalle tasse sui consumi di beni e servizi, al 7% dalle tasse sugli utili delle aziende (media Ocse 9%), al 6% dalle tasse sulla proprietà (in linea con la media Ocse), al 4% da altre voci. Secondo l’istituzione la struttura delle entrate fiscali italiane si differenzia quindi da quella della media Ocse per via di “introiti più elevati dai contributi sociali e dalle tasse sui redditi personali, una più bassa quota di introiti dalle tasse sui consumi di beni e servizi e nessuna entrata dalle tasse sul lavoro”. Dal 2000, sottolinea l’Ocse, la pressione fiscale in Italia e’ salita dal 40,6% al 42,6%. Nello stesso periodo la media Ocse ha invece registrato una lieve flessione, dal 34,3% al 34,1%.