La richiesta di oscuramento dei canali Rai non esime dall’obbligo di pagare il canone. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione annullando una decisione della Commissione Tributaria del Lazio che aveva accolto il ricorso di un contribuente. Il servizio pubblico, insomma, non è assimilabile a una televisione privata, non c’è abbonamento, si tratta di un vero e proprio tributo. In particolare la sesta sezione civile di piazza Cavour (sentenza n. 1922) ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza che aveva annullato una cartella per omesso pagamento del canone dal 2007 al 2008.
Secondo la Commissione Tributaria, il canone non sarebbe dovuto perché nel 2002 il contribuente aveva richiesto l’oscuramento delle reti Rai: il giudice di merito aveva ritenuto fondata la tesi anche perché non contestata puntualmente in giudizio dall’Agenzia.
La Cassazione, citando una precedente decisione delle Sezioni Unite (n. 24010 del 2007) ha ribadito che il canone Rai “non trova la sua ragione nell’esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente all’Ente, la Rai, che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, ma costituisce una prestazione tributaria fondata sulla legge e non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio” e che “la richiesta di oscuramento dei canali Rai non rientra nel novero dei fatti esistintivi dell’obbligo di pagamento”. Ragione per cui, la Commissione Tributaria del Lazio dovrà ripronunciarsi, attenendosi a tale principio.