Pur di far parlare di sé, farebbero qualsiasi cosa. Ne è un esempio la foto shock scelta come locandina per pubblicizzare la mostra internazionale d’arte LGBTE, acronimo di La Grande Battaglia Trova Esito, che è il titolo della rassegna, ma che non a caso richiama il movimento Lgbt lesbica, gay, bisex, transessuale. L’immagine a dir poco blasfema raffigura una donna nuda e decisamente in carne che calpesta immagini sacre raffiguranti Cristo e i santi. Non plus ultra, sul poster capeggia a chiare lettere il logo del patrocinio della VI circoscrizione del comune di Torino. Le polemiche non sono tardate ad arrivare, sollevando un polverone mediatico che probabilmente era il vero obiettivo degli organizzatori che si sono trincerati in scuse poco plausibili sulla libertà di espressione artistica. Non è chiaro, però, a quale genere d’arte si riferissero; forse a quella assai antica della denigrazione. Di certo non traspare il messaggio proposto (la donna che calpesta le icone sarebbe la metafora del vizio della superbia), ma solo un forte senso di disagio di fronte a quella nudità sbattuta in faccia senza veli e di offesa al comune senso del sacro. Sulla vicenda è intervenuto l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, che si è detto “profondamente colpito per la mancanza di rispetto” che la locandina evoca “sia nei confronti delle donne che nei confronti del sentimento religioso”. “In quel montaggio – afferma – c’è la protervia di chi si crede al di sopra di ogni minima regola etica; di chi pretende, in nome di una supposta scelta artistica, che tutti debbano accettare qualsiasi sfregio anche al più sentito e profondo senso religioso degli altri”.
“Un modo facile, troppo facile – conclude – per cercarsi pubblicità attraverso le polemiche”. Anche il capogruppo di Fdi-An, Maurizio Marrone, ha commentato la vicenda in termini negativi: “Le lobby gay non pensino di godere di una licenza di offendere la sensibilità altrui, soprattutto quella cristiana in un momento storico di feroci e cruente persecuzioni subite per la fede in quelle immagini sacre così oltraggiate dalla cosiddetta arte lgbt!”. Imbarazzato il Comune che ha prontamente ritirato il proprio patrocinio difendendosi dicendo di non aver visto preventivamente l’immagine: “Prima di dare il patrocinio alle iniziative valutiamo la serietà dei progetti – ha detto l’assessore alla Cultura del Comune, Maurizio Braccialarghe – In questo caso, nessun elemento inviatoci poteva far pensare all’utilizzo di un’immagine che riteniamo lesiva della sensibilità di molti. Dopo aver visto la locandina, la Giunta all’unanimità ha deciso di revocare il patrocinio all’evento”. Troppo tardi. Oramai il tam-tam mediatico dello scandalo ha creato molta più visibilità di quanta non sarebbe stato possibile avere con una normale campagna pubblicitaria. Gli organizzatori ringraziano.