Condanna a 6 anni per l’ex presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, nell’ambito del caso Maugeri e San Raffaele. La decima sezione del Tribunale penale di Milano lo hanno riconosciuto colpevole di corruzione insieme ad altre nove persone. L’ex governatore è stato, invece, prosciolto dall’accusa di associazione per delinquere. La sentenza è stata letta nella maxi aula della Prima Corte d’Assise d’Appello, la stessa dei processi a carico di Silvio Berlusconi.
Formigoni è stato condannato in solido con Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone a versare una provvisionale complessiva alla Regione Lombardia di 3 milioni di euro. Nei suoi confronti è stata anche disposta la confisca di circa 6,6 milioni di euro, tra cui la quota del 50% di proprietà di una villa in Sardegna il cui acquisto era stato uno dei punti al centro dell’inchiesta. Decretata a carico di Formigoni anche la incapacità “di contrattare con la pubblica amministrazione per tre anni”, mentre hanno stabilito che i due reati di corruzione contestati e per cui è stato condannato decorrono “dal settembre 2006” e sono state “escluse le vicende di Tradate, Camaldoli e Dardanoni”. Per Daccò è stata decisa una confisca di circa 34 milioni di euro, la più alta tra gli imputati. Nel processo i pm avevano fatto acquisire verbali, e-mail e documentazione contabile riferibile “all’acquisto di alcuni quadri“, tra cui una “Madonna del ‘600 e altri dipinti di scuola lombarda e napoletana” che sarebbero stati regalati a Formigoni. Nell’ambito delle indagini sulle presunte spese pazze dell’ex presidente di Ferrovie Nord Milano Norberto Achille, infatti, il responsabile di un audit interno aveva spiegato che “sono stati individuati acquisti di 4 quadri” che sarebbero stati regalati all’allora Governatore. Da qui la confisca dei dipinti.
“Non condividiamo la sentenza e presenteremo ricorso in appello dopo aver letto le motivazioni: ci preme sottolineare che è caduta l’accusa di associazione per delinquere sulla quale poggiava l’impianto accusatorio, che rivela un certo carattere di montatura” ha detto all’Ansa Luigi Stortoni, difensore del “Celeste“. “L’assoluzione dei funzionari della Regione dimostra che le attività erano svolte in maniera legale – ha proseguito – e che la sanità lombarda era gestita correttamente. Questo conferma che i cosiddetti benefit non erano corruzione ma ‘cortesie’. Andremo davanti alla Corte d’Appello sono convinto che un clima rasserenato dal tempo consentirà di valutare la realtà dei fatti e anche questa condanna per corruzione verrà superata”.