La riforma della prescrizione incassa l’ok della Camera. Il testo è stato approvato in prima lettura con 274 sì e 26 no. Gli astenuti sono stati 121. A favore hanno votato Pd, Alternativa Libera, FdI e Scelta Civica. Contrari Forza Italia e Lega nord. Si sono astenuti M5s, Sel e Area popolare. Con la norma approvata oggi da Montecitorio in prima lettura viene ridisegnato l’istituito processuale della prescrizione. Da un lato aumentandone sensibilmente i termini (in pratica del doppio) per i reati di corruzione, dall’altro introducendo nuove specifiche cause di “congelamento”, come la rogatoria all’estero (qui il processo può sospendersi per un massimo di sei mesi), la perizia che comporta pareri di particolare complessità (la sospensione massima è in questo caso di tre mesi) e la presentazione della richiesta di ricusazione.
Ci sono poi alte due motivazioni per la sospensione del decorso dei termini di prescrizione, legate allo svolgersi del processo. Il testo del ddl stabilisce infatti uno stop alle lancette dell’orologio processuale (per un massimo di due anni) dal momento in cui viene depositata la sentenza di condanna di primo grado fino al deposito della sentenza di grado successivo. E analogo fermo tecnico (ma qui per un solo anno al massimo) è previsto dal deposito della sentenza di condanna di secondo grado fino alla pronuncia definitiva. La sospensione però non vale in caso di assoluzione e ha comunque effetto limitatamente agli imputati contro cui si procede.
Il passaggio a Montecitorio avviene dunque con l’astensione di Ncd. Decisiva per evitare un no che avrebbe spaccato la maggioranza è stata la mediazione del ministro Andrea Orlando. Ma la scelta deriva dalla sostanziale ininfluenza del gruppo centrista alla Camera laddove al Senato alfaniani e Udc restano decisivi per la maggioranza. E non e’ un caso se Orlando da un alto precisa che “sulla impostazione della prescrizione non si torna indietro” e dall’altro sottolinea la “fondatezza” del metodo del confronto con tutti i partiti sul testo. Un metodo che, a Palazzo Madama, potrebbe essere rinnovato trovando una sponda nel M5S che ancora ieri si diceva pronto al dialogo in cambio di “tre” modifiche definite tuttavia “imprescindibili”. Il rebus dei numeri a Palazzo Madama, tuttavia, resta, e con il caso Lupi è destinato a renderlo ancora più spinoso.