“A quasi sessant’anni dal Trattato di Roma (che a marzo celebreremo al Parlamento italiano), viviamo in questi giorni con amarezza e preoccupazione il riemergere di egoismi, di nazionalismi e di xenofobie che la storia sembrava avere superato per sempre”. Lo ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso, in occasione della cerimonia per il conferimento del premio “Sacharov” svoltasi in diretta streaming con il Parlamento europeo a Strasburgo.
La debolezza politica dell’Unione, ha aggiunto la seconda carica dello Stato, “messa a nudo dalle divisioni sulla crisi economica, sui flussi migratori e sulle azioni per contenere l’instabilità geopolitica ai nostri confini, ci impone di rifondare culturalmente e politicamente la nostra Europa ripartendo dalla nostra comune storia e identità che è anzitutto identità di sentimenti e di valori“.
Grasso ha spiegato che i “principi consacrati nel Trattato sull’Unione non sono frutto di un’opera creativa, ma esprimono il dovere della memoria, il comune e assoluto ripudio per le guerre, le atrocità, le persecuzioni, le offese alla dignità umana che tutti gli europei hanno vissuto e sofferto. Il primato del diritto e dei diritti fondamentali è il fondamento della costruzione europea”.
Tutti i cittadini, “anche coloro che spinti dalla paura si avvicinano a movimenti antieuropei e nazionalisti, hanno chiaro che il nostro codice genetico è espresso nelle parole che risuonano in più punti del Trattato: dignità, libertà, democrazia, eguaglianza, diritti umani, diritti delle minoranze, pluralismo, giustizia, solidarietà”, prosegue. “Lo dimostra la reazione ferma e commossa di tutti i cittadini europei, specie i più giovani, di fronte agli attentati e alle violenze che colpiscono esseri umani indifesi ovunque nel mondo”.
Il Premio annuale Sacharov per la libertà di pensiero, è stato istituito nel 1988. Viene assegnato a persone che abbiano contribuito in modo eccezionale alla lotta per i diritti umani in tutto il mondo e attira l’attenzione sulla violazione dei diritti umani oltre a sostenere i vincitori e la loro causa. Quest’anno il riconoscimento è stato conferito a Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar. Si tratta di due donne sopravvissute alla schiavitù sessuale da parte del sedicente Stato islamico, diventando portavoce delle donne colpite dalla campagna di violenza sessuale del Daesh. Esse sostengono pubblicamente la comunità yazidi in Iraq, una minoranza religiosa che è stata oggetto di una campagna di genocidio da parte dei militanti del Califfato.
Nel novembre 2014 Murad è riuscita a fuggire con l’aiuto di una famiglia vicina che l’ha portata di nascosto al di fuori della zona controllata, permettendole di recarsi in un campo profughi nell’Iraq settentrionale e successivamente in Germania. Aji Bashar ha tentato più volte la fuga, prima di riuscirvi finalmente in aprile con l’aiuto della sua famiglia, che ha pagato dei trafficanti locali.