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Post su Facebook per il No, bufera sul presidente del Tribunale di Bologna

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Rischia il trasferimento il presidente del Tribunale di Bologna, Francesco Maria Caruso, che su Facebook ha scritto un lungo post a sostegno del No al referendum del 4 dicembre. Il comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura ha deliberato di trasmettere copia dell’articolo pubblicato dalla Gazzetta di Reggio Emilia al Procuratore Generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, affinché faccia le valutazioni di sua competenza e alla I Commissione consiliare per eventuali profili di incompatibilità funzionale del giudice.

Nel suo messaggio su Fb, Caruso afferma che con la vittoria del Sì, “non avremo più una Costituzione ma un atto di forza. E chi vorrà spiegare la riforma e ragazzi, dovrà dire che questa riforma è fondata sui valori del clientelismo scientifico è organizzato del voto di scambio della corruzione dal trasformismo con un governo che lega le provvidenze a questo o a quello al voto referendario“. Secondo il magistrato si “avvera la profezia dell’ideologo leghista Gianfranco Miglio che nel 1994 proponeva una riforma che costituzionalizzasse le mafie, approvata con il 50,1% perché la Costituzione altro non sarebbe che la legge che la maggioranza impone alla minoranza che fa rispettare schierando la polizia nelle piazze. Temo che siamo incredibilmente vicini a quel momento“.

Caruso replica in una nota che “l’articolo a propria firma, apparso sull’edizione della Gazzetta di Reggio Emilia del 29 novembre 2016, non era destinato alla pubblicazione sul giornale, pubblicazione non richiesta né autorizzata, trattandosi di un testo ‘privato’, scritto sulla propria pagina Facebook, destinato a un numero limitato di lettori”. Caruso “pur confermando integralmente i contenuti del messaggio”, precisa che “le stesse idee e gli stessi concetti sarebbero stati presentati in forme diverse, se sin dall’inizio destinati al più ampio pubblico”. La pubblicazione, conclude, ha “l’evidente scopo di sollevare una polemica giornalistica alla quale il ruolo istituzionale impone di rimanere estraneo”.

Francesco Volpi: