Il Parlamento non conta più nulla perché non è più sentito dai cittadini che lo vedono come luogo dell'inconcludenza della politica. E se continuiamo a difendere questo feticcio della democrazia rappresentativa sbagliamo e non facciamo un bene alla stessa democrazia”. E ancora: “Se non si riformano le Istituzioni si fa in fretta a buttare via tutto quanto. Il Parlamento e tutto quello che viene dietro”. L’intervento di Giancarlo Giorgetti al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini ha suscitato un dibattito. Di queste dichiarazioni e anche dell'esperienza di Cl, ne parliamo con Mirko De Carli, del Popolo della Famiglia.
Che cosa pensa del discorso del numero due della Lega?
“La sua analisi è condivisibile, direi anche suggestiva, perché pone l’accento su un tema che interessa molto anche a noi del Popolo della Famiglia, e cioè l’esigenza di riformare la politica, e di restituire alla stessa una piena sovranità riguardo al destino del popolo, rispetto alle forze globaliste e economiciste. Quella che rimane scoperta è la soluzione proposta. Giorgetti dice giustamente che oggi la politica, ed è un andazzo che risale ai tempi di Berlusconi, può fondare la sua legittimazione soltanto sull’uomo forte che riesce a stabilire un rapporto diretto col popolo. Se negli ultimi anni è stato vero, noi diciamo che adesso è necessario che ritorni la politica intesa come soggetto collettivo, come espressione di un’idea per il popolo, che altrimenti finirà per essere in balia di forze non democratiche che non vengono legittimate da esso, delle quali l’uomo forte al comando finirà per essere solo un commissionario. Un po’ come gli agenti indiani dei quali si legge nei fumetti di Tex Willer: un protettore del popolino che può essere più o meno 'buono' a seconda di come amministra i viveri che un governo estraneo mette a disposizione”.
Giorgetti ha parlato anche della crisi dei corpi intermedi, dei sindacati, delle cooperative, delle associazioni professionali…
“Anche qui l’analisi è condivisibile, ma lo è di meno l’indicazione delle possibili soluzioni. Giorgetti sostiene giustamente che globalismo, il trasferimento di sovranità alle centrali tecnocratiche europee, abbia svuotato di rappresentatività questi corpi intermedi. In realtà, la loro rappresentatività rimane invariata, almeno in potenza, ma oggi mancano gli strumenti per farla valere perché sono stati espropriati. Per questo bisogna ripartire, prima ancora che da riforme istituzionali indicate da Giorgetti, da un ritorno di centralità di valori fondamentali di sussidiarietà, piuttosto che di commissionari che sostituiscono i corpi intermedi nel rapporto diretto con il popolo. Ridare centralità alla persona, alla famiglia, alle associazioni che sopperiscono alle mancanze dello Stato, e così via. È una questione di valori, prima ancora che di mezzi, e in questo senso ha ancora ragione il tradizionale motto di Cielle per cui ci vuole più società e meno Stato. La differenza sta nel fatto che oggi al posto dello Stato esiste il potere globalista senza nome, che poi un nome ce l’ha ed è quello della tecnocrazia finanziaria europea. Insomma, per rispondere anche a Giorgetti, non è che l’avversario non lo si trovi più perché si è reso invisibile, è solo che lo si cerca all’indirizzo sbagliato e così si finisce per fargli un piacere”.
Dice Giorgetti che oggi il Parlamento non conta più nulla, ed è per questo che andrebbe riformato…
“Ma pure Giorgetti sa bene che senza il parlamento la Lega non avrebbe il potere che ha acquisito. Il suo discorso sembra rivolto semplicemente all’esigenza di agevolare nuovi spazi di potere per il partito che rappresenta, e che sinceramente ha saputo molto ben operare fin da quando Salvini ne ha preso il comando. Il tema però è quello della democrazia, e parlar d’altro evidenziandone la crisi non serve a farlo dimenticare. Il Parlamento rappresenta una presenza indispensabile ancor oggi proprio perché c’è bisogno di riallacciare un collegamento tra i cittadini e le istituzioni, dal momento che non esiste un altro modo che non quello della rappresentanza per restituire sovranità al popolo italiano”.
Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà e anima del Meeting di Cl, nel rispondere a Giorgetti si è lasciato scappare che nella prima Repubblica la Cei voleva dire ai cattolici che cosa votare…
“E questo avveniva non perché la Cei fosse all’epoca più brutta e cattiva, ma semplicemente perché poteva permettersi di pronunciare una parola definita sulla politica. Oggi invece la Cei non è che voglia lasciare liberi i cittadini perché abbia acquisito una nuova virtù, o perché i tempi siano cambiati, ma semplicemente perché è in crisi la capacità della Chiesa istituzionale italiana di dire una parola definita riguardo al momento politico. Proprio per questo esiste il Popolo della Famiglia: è necessario che una parola fondata sulla dottrina sociale della Chiesa torni ad essere affermata non da un’istituzione, ma da una forza laica, democraticamente legittimata, e che abbia le idee chiare. Tutti gli altri modi non salveranno la democrazia, ma serviranno soltanto a dare altre legittimazioni alle nuove élite. Invece, c’è un estremo bisogno di tornare a legittimare la democrazia così come l’abbiamo sempre intesa, sul piano rappresentativo: proprio questo è il rischio dei populismi attuali: nello stabilire un rapporto diretto tra capo e popolo e nell’indebolire la mediazione e la rappresentanza, in realtà restituiscono forza proprio a quelle forze non democratiche che vorrebbero combattere, perché si trovano di fatto d’accordo con esse sulla esigenza di superare la fatica della mediazione e della rappresentanza per ricercare il vero interesse del popolo, che è quello del bene comune. Come da diversi anni a questa parte, a fine agosto dobbiamo riaprire il dibattito su dove sta andando Comunione e Liberazione. È da lungo tempo che la pretesa scelta religiosa del movimento di don Giussani lascia intendere un rapporto con la politica non più catalogabile nei soliti schemi, e non solo perché sia cambiata la politica ma anche perché, di conseguenza, è cambiata Cl e la sua possibilità di interloquire con essa. Vittadini parla in un senso che non scioglie le ambiguità di fondo notate da diverso tempo, ma il movimento, sia pure chiaramente disorientato, credo che sia ancora 'sano' nei suoi elementi fondamentali. Persone e gruppi intermedi in ricerca di un cuore nuovo, nell’Italia che oggi è anch’essa priva di punti di riferimento”.
Eppure Vittadini è sembrato ambiguo anche sui temi della famiglia e dell’immigrazione, aprendo alle unioni civili e all’incontro con l’Islam cosiddetto moderato. Nel contempo ha chiuso le porte all’attuale maggioranza di governo…
“Vittadini non è da tempo più in linea con il pensiero di tanti appartenenti al movimento con i quali ho avuto modo di confrontarmi, anche a nome del Popolo della Famiglia. C’è confusione, ambiguità e non sono il primo a dirlo. Anche il titolo del Meeting di quest’anno, criptico come lo è sempre stato, nel suo invito alla felicità nell’incontro con la storia, segna per così dire a contrariis la gravità di questo disorientamento e dell’incapacità di dire una parola chiara sulla storia dei nostri giorni. Quanto al rapporto con la maggioranza di governo, immagino che il mancato invito ai Cinque Stelle abbia le sue ragioni, dipendenti dal fatto che il partito di Di Maio non ha nessuna intenzione di trovare spazi di mediazione nei confronti di quello che Cl rappresenta nella società, e questo è un complimento per Cl. Ciò probabilmente spiega anche il mancato invito a Giancarlo Giorgetti, visto che la Lega si sta rendendo corresponsabile della tremenda crisi di valori e di riferimenti sicuri rappresentata dall’orrore – dobbiamo non aver paura di definirlo tale – del grillismo di governo. C’è confusione nella politica italiana e il Popolo della Famiglia è nato proprio per questo, per aprire una strada che porti i cattolici a unirsi nuovamente in nome dei valori fondanti del popolarismo italiano ed europeo”.
Eppure Comunione e Liberazione è stata un’esperienza anche profondamente politica. Ancora adesso Vittadini si riferisce al modello lombardo come a una specie di El Dorado.
“Questo è comprensibile. Anche noi vediamo molti aspetti positivi nella gestione della cosa pubblica che in regione Lombardia è stata assicurata da politici organicamente vicini al movimento. Tuttavia, non si può negare che la stagione delle inchieste giudiziarie, e la scomparsa dei partiti centristi postdemocristiani, abbiano profondamente ferito la positività di quella esperienza e anche l’immagine e la potenza di Cl”.
Il Popolo della Famiglia intende prendere il posto di quei partiti ai quali in un’altra stagione Cl si rivolgeva? O vuole proprio prendere il posto di Cl?
“No di certo, perché da parte nostra non ci sono nostalgie postdemocristiane, e siamo veramente un’altra cosa rispetto a quei partiti che nelle ultime stagioni della politica avevano costituito per Cl un riferimento. Nel contempo è indiscutibile che da parte nostra c’è una 'scelta politica', che è ben distinta dalle appartenenze religiose, cosa che in Cl non è mai stata chiara. Parliamo anche di questo in maniera molto esplicita è dirimente nell’ultimo libro “Le Radici verso l’Alto”, una mia conversazione sulle origini e le prospettive del Popolo della Famiglia, appena scritto in collaborazione con Massimiliano Fiorin”.
Vittadini lamenta che oggi la politica non parla più ai corpi intermedi ma soltanto all’individuo.
“In un certo senso è vero, ma ormai anche Cl non sembra più avere qualcosa di definito da dire alla politica, né ai suoi aderenti riguardo ad essa. Probabilmente è qualcosa che proviene dei vertici del movimento, anche se Vittadini interpreta questo in modo particolarmente ambiguo. Resta il fatto che molti individui appartenenti al movimento di Cl guardano con simpatia all’avventura del Popolo della Famiglia, e sono ricambiati da questo ultimo, che peraltro non ha bisogno di dover fornire altri chiarimenti riguardo al fatto che la sua interpretazione della tradizione del popolarismo, della quale parleremo presto a Camaldoli i prossimi 22-23 settembre, non è l’ennesimo tentativo di rifare la Dc. Anzi, cerchiamo di rappresentare al meglio l’esigenza per il mondo cattolico e per tutti Coloro che credono nella forza dell’idea ritrovarsi in autonomia, ma anche nel superamento completo delle ultime stagioni, dall’ultima Dc fino all’intesa con Forza Italia”.
Dunque c’è uno spazio possibile per un incontro tra Comunione e Liberazione e PdF? O siete destinati a essere come parallele che non si incontrano mai?
“Con buona pace di quello che dice Vittadini, riguardo alla politica che parla all’individuo e non ai gruppi, al momento possiamo parlare soltanto a singole individualità che provengono dall’esperienza di Cl. Lo stiamo già facendo da tempo, e del resto è difficile negare che un certo bisogno di nuovi punti di riferimento sia molto più presente in loro che non in noi”.