“Il blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita non è una misura a favore dei giovani”. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri, presentando il Rapporto annuale con una relazione che ha riaperto il dibattito sulle misure per il rilancio dell’occupazione e per un mercato del lavoro e un sistema pensionistico che non penalizzi i giovani. I costi si “scaricherebbero sui nostri figli e sui figli dei nostri figli” ha spiegato. Sarebbe meglio – ha aggiunto – fiscalizzare una parte dei contributi all’inizio della carriera lavorativa per chi viene assunto con un contratto stabile perché questa misura, al contrario, sposterebbe risorse dai lavoratori anziani e dai pensionati ai più giovani, i più penalizzati sul fronte della previdenza.
Boeri si è detto poi favorevole all’introduzione del salario minimo nel nostro ordinamento. Questa misura – ha avvertito – avrebbe il duplice vantaggio di favorire il decentramento della contrattazione e di offrire uno zoccolo retributivo minimo per quel crescente nucleo di lavoratori che sfugge alle maglie della contrattazione”. Boeri ha affermato che “le premesse ci sono” ricordando che il nuovo contratto di prestazione occasionale fissa una retribuzione minima oraria (12 euro, compresi i contributi, ndr). “Di qui – ha proseguito, scatenando l’ira dei sindacati che sottolineano che i minimi esistono già e sono quelli contrattuali – il passo è breve“.
Guardando a chi è già a riposo l’Inps segnala che i pensionati sono 15,5 milioni e che sono 5,8 milioni (il 37,5%) quelli che nel 2016 potevano contare su un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese (erano il 38% nel 2015). Il calcolo è stato fatto dividendo per 12 l’importo pensionistico totale ricevuto (in realtà le mensilità sono 13, quindi di importo leggermente più basso). Per le donne la percentuale di chi riceve meno di 1.000 euro al mese sul totale delle pensionate è del 46,8% (3,8 milioni di persone) mentre per gli uomini è del 27,1%. I pensionati che percepiscono più di 3.000 euro al mese sono 1,06 milioni.