Sempre più teso il clima dentro il Pd a pochi giorni da una direzione che sa di resa dei conti. Nel mirino della minoranza c'è, ancora una volta, Matteo Renzi. Lo scaricabarile del 5 marzo e il “no” secco alle alleanze di governo col Movimento 5 Stelle non sono andati giù all'opposizione interna.
Palla in tribuna
Per Andrea Orlando, intervenuto ai microfoni di Radio Capital, si è trattato di una trovata mediatica del segretario “per discutere un'altra cosa invece di quello di cui bisognava parlare: cosa fare dopo una disfatta storica. Si prova a parlare di questo per evitare una discussione su un risultato che è stato drammatico. E' come buttare la palla il tribuna”.
Le vere distanze
Il ministro della Giustizia ha spiegato di non considerare “i Cinque stelle il diavolo: hanno preso qualche qualche milione di voti nostri, ovvero di persone che votavano a sinistra, e non li regalerei al diavolo. Il problema sta nelle differenze politiche programmatiche con loro. Alcuni dicono: 'ci hanno insultato', ma anche quando fu fatto l'accordo col centrodestra non venivamo da uno scambio di cortesie in campagna elettorale”. Il tema, ha proseguito Orlando, “non è questo, è che ci sono distanze i tipo programmatico e politico che non consentono questo tipo di formula, si parla questo per evitare di fare una discussione su un risultato drammatico”. Non si tratta neppure, ha sottolineato, “di dare delle colpe della sconfitta, io spero che le dimissioni di Renzi e del gruppo dirigente segnino l'avvio di una fase che dia un nuovo assetto, anche se questo non sarà risolutivo di per sè: bisogna riaprire un confronto coi nostri iscritti, con i militanti e provare a recuperare chi se ne è andato; poi discutiamo delle scelte istituzionali da fare“.
Primo passo
Il primo punto, per il Guardasigilli, “non è l'assetto di governo ma che assetto diamo alla presidenza di Camera e Senato. Evitiamo assi privilegiati con i Cinque stelle e anche col centrodestra, si tratta di costruire, come in qualunque sistema proporzionale, una intesa ampia che coinvolga tutte le forze politiche e che dia a Camera e Senato presidenti che siano in grado di garantire tutti. Distinguiamo la questione istituzionale da quella della definizione degli assetti di governo”.