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Olivero: “Ecco la posizione dell’Italia sugli Ogm”

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È entrato in vigore pochi giorni fa l’obbligo di etichettatura di pasta e riso. Si tratta, secondo Coldiretti, di una norma che “mette fine all’inganno dei prodotti importati, spacciati per italiani, in una situazione in cui un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero”.

La difesa del made in Italy nel settore agroalimentare passerebbe dunque da misure come questa. Ma tanto altro va ancora fatto. In Terris ne ha discusso con Andrea Olivero, viceministro dell’Agricoltura, candidato alla Camera con Civica Popolare nel collegio Piemonte 2. L’ex presidente nazionale delle Acli ha parlato anche degli accordi internazionali sul commercio di prodotti agroalimentari, di Ogm, di capolarato.

On. Olivero, da qualche giorno è entrato in vigore l’obbligo di etichettatura di pasta e riso. Quali altre misure devono essere adottate per tutelare il made in Italy in agricoltura?
“Siamo partiti dall’obbligo di etichettatura delle carni fresche, siamo passati al latte e ai formaggi, ora siamo arrivati alla pasta e al riso. Sappiamo tuttavia che ci sono diversi prodotti agroalimentari che necessitano ancora di tracciabilità. Dunque il primo lavoro da fare è completare questa iniziativa che è stata iniziata. Dobbiamo inoltre proseguire il lavoro per evitare che il falso made in Italy circoli impunemente nei mercati. In questo senso tanto è stato fatto, negli ultimi quattro anni abbiamo lavorato molto con i Paesi dell’Unione europea per contrastare il fenomeno: oggi è possibile perseguire questi reati con uniformità di leggi. Inoltre, con le tre principali piattaforme di e-commerce abbiamo stipulato un accordo per cui con una segnalazione del Governo italiano, il prodotto falsificato viene ritirato dal mercato on-line entro 24 ore. Ma per valorizzare il prodotto italiano vanno comunque costruiti accordi di filiera, per far collaborare produttore e trasformatore”.

Prima ha parlato di accordi internazionali. A settembre è entrato in vigore il trattato di libero scambio con il Canada. Non c’è il rischio che possa danneggiare i nostri produttori? È stata rilevata una mancanza di reciprocità tra i modelli produttivi canadese ed europeo, ad esempio nell’uso di glisofato nel grano o degli ormoni nella carne…
“Bisogna tenere in debita considerazione le preoccupazioni in questo senso. Sappiamo di avere modelli produttivi molto diversi rispetto al Canada, dobbiamo vigilare per tutelare l’eccellenza italiana. Va comunque sottolineato che questo accordo, il Ceta, prevede in modo esplicito che i prodotti che entrano nel mercato europeo debbano avere requisiti sanitari consentiti dall’Ue. Dunque carne con estrogeni o prodotti con determinati pesticidi devono essere vietati. Ricordo però che questo accordo introduce, per la prima volta, il concetto di tutela delle indicazioni geografiche in un Paese nordamericano: oggi oltre il 95% dei prodotti Igp che vendiamo in Canada ha un’etichettatura di riconoscimento”.

Con questo accordo non rischiamo di trovare sugli scaffali imitazioni di prodotti alimentari italiani?
“Non c’è alcuna deroga rispetto alle norme italiane sul controllo dell’autenticità dei prodotti. Certamente dobbiamo mantenere un’attenzione massima per garantire che non venga mai concesso l’abuso di nomi italiani per prodotti che italiani non sono. Ma va tenuto in considerazione che nel Nord America, a differenza di quanto avviene ad esempio in Asia, queste produzioni non nascono dalla truffa di qualche speculatore odierno, quanto dal lavoro che imprenditori e agricoltori italo-americani o italo-canadesi hanno iniziato decenni fa. Sta di fatto che dobbiamo sempre garantire la riconoscibilità del prodotto italiano”.

Da un recente studio di Scientific Reports risulterebbe che gli Ogm non comportano rischi per la salute. Questa nuova evidenza potrebbe far cambiare l’atteggiamento dell’Italia che attualmente vieta la coltivazione di piante geneticamente modificate?
“Va prestata attenzione alle evidenze che emergono, anche se non basta uno studio da solo per far cambiare atteggiamento. Nelle nostre Università si sta studiando per ottenere tecnologie avanzate no-ogm che riescono a dare quelle risposte che negli anni passati hanno dato i prodotti geneticamente modificati, soprattutto per garantire la resilienza delle specie vegetali. Per l’Italia gli Ogm non rappresentano tanto un problema per la salute, quanto per il mantenimento della biodiversità. E oggi prodotti che ci garantiscono la biodiversità, senza comportare problematiche fitosanitarie”.

Durante questa legislatura è stato approvato un provvedimento contro il capolarato in agricoltura. Cosa altro deve essere fatto in questo campo?
“Finalmente c’è una legge che sanziona in modo chiaro il reato, però bisogna fare in modo che venga applicata in tutti i territori in cui si manifesta questa piaga intollerabile. È necessario tuttavia che cambi il modello produttivo. Dobbiamo fare in modo che laddove si usa manodopera sottopagata, attraverso le tecnologie si possa modificare radicalmente la modalità produttiva. Ricordo che contro il capolarato abbiamo introdotto con la legge di stabilità anche i Distretti del cibo, per garantire il valore sul mercato dei prodotti e la giusta retribuzione dei soggetti che concorrono alla sua produzione”.

Lei fa parte del mondo cattolico. C’è una larga parte di questo mondo che accusa gli ultimi due Governi di aver legiferato contro la vita e la famiglia…
“Ci tengo a sottolineare che io mi candido con Civica Popolare, che nel centrosinistra è una delle voci che su certe tematiche è stata critica e non sempre allineata alla posizione del Pd. Nel concreto, comunque, credo che sul tema delle unioni civili è stato fatto in modo che questo istituto non venisse equiparato al matrimonio. Così come la legge sul fine vita – che io non ho votato perché credo che alcuni passaggi dovessero essere migliorati – non cede alla logica dell’eutanasia. Detto ciò, devo riconoscere che molto di più deve essere fatto in favore della famiglia, che è un valore costituzionale per la cui tutela deve esserci un’alleanza trasversale tra tutti i soggetti politici”.

Federico Cenci: