Uscire dall’Euro e tornare alla Lira è un’ipotesi concreta? La questione ha interrogato il vicedirettore di Repubblica Sergio Rizzo, famoso per il bestseller del 2007 La Casta scritto con Gian Antonio Stella quando entrambi stavano al Corriere della Sera. Di recente Rizzo ha dato alle stampe 02.02.2020. La notte che uscimmo dall’euro (ed. Feltrinelli, 2018): un romanzo sì, ma che ricorda uno di quei romanzi distopici, ovvero che descrivono il futuro oscillando tra la fantasia e la previsione pessimistica. Molti autori di questo filone letterario (George Orwell, Aldous Huxley e Ray Bradbury su tutti) sono stati considerati dai posteri dei profeti. Un riconoscimento che Rizzo si augura non gli venga attribuito. Per lui, infatti, l’uscita dall’Euro sarebbe un vero e proprio cataclisma, come ha spiegato ad In Terris a margine di una presentazione del romanzo avvenuta al “Circolo Delle Vittorie”, a Roma.
Le conseguenze dell'uscita
Quella che racconta nel suo romanzo – spiega Rizzo – “è la storia di un Paese che, per cause non del tutto dipendenti dalla propria volontà, ad un certo punto si trova nelle condizioni di uscire dall’Euro, senza però sapere a cosa sta per andare incontro di preciso”. Ma dove porterebbe questo passo brandito come uno slogan da diversi leader politici, compresi alcuni che oggi siedono a Palazzo Chigi? “Non si passa da una moneta all’altra schiacciando un bottone”, osserva il vicedirettore di Repubblica, il quale sottolinea che si andrebbe incontro ad un “calvario” finanziario ed economico. Egli ricorda che il debito pubblico italiano è molto grande, e tornando alla Lira si rischierebbe di non essere più nelle condizioni di poterlo restituire e così “le banche italiane non avrebbero più la liquidità dalla Bce dando come garanzia i titoli del debito pubblico”. Ciò “strozzerebbe le banche e di conseguenza le imprese, che non avendo più i prestiti dalle banche, andrebbero in asfissia e sarebbero costrette a licenziare e a chiudere”.
Ipotesi possibile
Prospettive non auspicabili, secondo Rizzo, ma non del tutto improbabili. Quella di uscire dall’Euro – afferma – “è un’ipotesi latente, allo stato attuale da escludere, ma in futuro potremmo trovarci a metterla seriamente in conto”. Lo sguardo dell’autore del libro si posa sull’attuale situazione economica italiana: “Il fatto – spiega – di aver abbassato nella manovra il rapporto deficit/Pil dal 2,4 al 2,04% non ha risolto i problemi, visto che siamo in recessione tecnica”. Ma soprattutto, Rizzo guarda all’Europa. “Ci troviamo – dice – in un periodo in cui potrebbe iniziare la ‘tempesta perfetta’: tra due mesi ci sarà la Brexit, tra quattro le elezioni europee, nell’autunno prossimo la nomina dei presidenti della Commissione Ue e della Bce”. L’eventuale uscita dall’Euro sarebbe, dunque, più che una scelta volontaria una conseguenza di una serie di dinamiche economiche e politiche europee da subire obtorto collo? “Credo che nessun leader politico dotato di raziocinio sia così sconsiderato da pensare che questa sia la soluzione ai problemi”, riflette Rizzo. Che però aggiunge: “È anche vero che spesso la propaganda arriva oltre rispetto a dove i fautori della propaganda sperano”. Insomma, secondo il vicedirettore di Repubblica gli slogan possono sfuggire di mano. Del resto – prosegue riferendosi all’esecutivo giallo-verde – “quando non manifesti una sintonia con l’Unione europea, può succedere davvero di tutto”.
Un suggerimento a Rizzo per il prossimo libro?
Eppure, stando ai dati emersi ieri dal Rapporto Italia 2019 di Eurispes, la maggioranza degli italiani (il 53,1%) vuole restare nella moneta unica. “Gli italiani hanno buonsenso, fanno i conti con le proprie tasche e si rendono conto che l’esito di una simile scelta sarebbe disastroso”, commenta Rizzo. Gli stessi italiani, tuttavia, hanno manifestato attraverso il voto un’insofferenza verso quella che Rizzo, insieme a Stella, nel 2007 definì la “casta”, e che molti identificano oggi con l’Europa. “Il nostro libro era sull’Italia – chiosa – ma si potrebbe fare un libro anche sull’Unione europea, sulla malapolitica di Bruxelles, sui privilegi, sui costi: ce ne sarebbe da raccontare… Io – conclude – non ho mai pensato che l’Europa debba rimanere così com’è: ma un conto è cambiarla, un conto è ucciderla”.