A tre anni dal naufragio in cui morirono 366 migranti (più una ventina di dispersi ) al largo dell’isola dei Conigli, viene celebrata la giornata nazionale della memoria, la prima dopo l’istituzione con apposita legge approvata il 16 marzo scorso. Un gruppo di sopravvissuti è tornato per sfilare nelle vie di Lampedusa con canti di ringraziamento per lo scampato pericolo, seguito da un gruppo di studenti provenienti da tutta Europa che portava lo striscione “Proteggere le persone non i confini”, una scritta ripetuta sulle magliette indossate dagli immigrati. Il corteo ha raggiunto la Porta d’Europa. In prima fila il sindaco di Lampedusa Giusy Nicolini: “Davanti ai morti – ha detto – tutti sappiamo piangere. Ma lottare per i vivi richiede uno sforzo in più ed è quello che dobbiamo fare”.
Alcune motovedette della Guardia costiera hanno poi accompagnato i familiari delle vittime, insieme al sindaco e al ministro Alfano, sul punto del naufragio, dove sono state gettate corone di fiori. I numeri di questa strage infinita, che portò Papa Francesco a definire il Mediterraneo “un cimitero” durante la sua storica visita sull’isola, sono impressionanti. Si calcola che dopo quel naufragio abbiano perso la vita oltre 11.400 persone, delle quali circa 3.500 solo quest’anno.
Tra i promotori della giornata c’è il Centro Astalli, del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, attivo da oltre 30 anni che lancia un appello a Istituzioni nazionali e internazionali e alla società civile: neanche più un morto nel Mediterraneo. “Celebrare una Giornata della memoria per quanti non ce l’hanno fatta – commenta il presidente del Centro, padre Camillo Ripamonti – vuol dire ricordare un numero impressionante di bambini, donne e uomini annegati nel Mediterraneo. Molte delle politiche messe in atto da quel tragico 3 ottobre in poi vanno in una direzione estremamente preoccupante e non di rado in aperta violazione dei diritti umani e delle principali convenzioni in materia di asilo. Ricordare i morti vuole dire prima di tutto rispettare la dignità e i diritti dei vivi”.
Secondo i responsabili della struttura, l’unica vera priorità per le istituzioni nazionali ed europee deve essere quella di attuare “vie legali per garantire accesso alla protezione e sconfiggere così il traffico di esseri umani”. La strada maestra resta quella dell’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo ma fatta in modo da “programmare e distribuire i migranti sul territorio in modo da non creare tensioni sociali e garantendo a tutti maggiori diritti e non alimentando odio e risentimento”.
Purtroppo, proprio mentre si celebrava la giornata continuavano i soccorsi in mare. La Guardia costiera ha avviato le operazione per salvare oltre 5600 persone a bordo di ben 36 carrette del mare. Purtroppo di sono verificate anche 9 vittime, 7 delle quali si trovavano tutte sullo stesso barcone.