Il voto anticipato è “abnorme” e “paradossale“, specie se collegato a un’intesa “extra-costituzionale” legata alla legge elettorale, da parte “di quattro leader di partito che agiscono solo calcolando le proprie convenienze“. Alla vigilia del voto della Camera sul “tedeschellum” arriva una bocciatura autorevole del testo frutto dell’accordo tra Pd, M5s e Fi e Lega. Quella di Giorgio Napolitano. “In tutti i Paesi democratici europei – avverte l’ex capo dello Stato – si vota alla scadenza naturale delle legislature”, mentre le urne nei mesi della manovra rischiano di alimentare “instabilità” e minare la credibilità.
Matteo Renzi assicura di non avere “fretta di andare a elezioni”. Purché, aggiunge, si continui ad “abbassare le tasse” con una “legge di bilancio che abbia la forza di quella del 2016”. Ma le parole di Napolitano fanno sperare i piccoli partiti che, complici anche le incognite del voto segreto, puntano a far saltare la legge e bloccare il ritorno alle urne. Poco meno di una ventina di deputati, su 630, prende parte alla discussione generale della legge elettorale nell’emiciclo di Montecitorio.
Ma a tradire i nervosismi della vigilia delle prime votazioni c’è un ruvido botta e risposta tra Beppe Grillo e il Pd. Il leader M5s infatti, parlando con gli operai Ilva a Taranto, dice che la legge elettorale “non la capisce nessuno“. Poi si corregge e spiega che il tema è “complicato” ma il lavoro sul testo è “certosino” e il testo che emerge è “costituzionale“. Ma il Pd teme che dietro i 15 emendamenti presentati da M5s si celi la voglia di mettere in discussione qualche punto dell’accordo. E Lorenzo Guerini avverte: “Per noi l’accordo è valido se nessuno si sfila“. Se uno dei quattro partiti vota “contro, anche su un punto marginale”, sottolinea Ettore Rosato, l’accordo salta. Ma nell’accordo non c’è, assicura Matteo Richetti, il ritorno alle urne: “Nessun automatismo”.
Ma è la mancanza di una legge elettorale uniforme l’unico vero ostacolo al ritorno al voto. Perciò i piccoli partiti denunciano che il giorno dopo l’approvazione del “tedesco” i quattro “grandi” saranno pronti a dichiarare finita la legislatura. Pier Luigi Bersani, che con Giuliano Pisapia lavora al non facile percorso per il nuovo soggetto della sinistra, la racconta così: “L’accordo è votare subito. Chi non sta governando pensa di lucrare un po’ di voti, chi sta governando non vuole fare la legge di stabilità: fa impressione l’assenza di responsabilità”. La corsa alle urne nasce dai “capricci di uno che vuole tornare a fare il presidente del Consiglio”, attacca Enrico Letta con implicito riferimento a Renzi.