Istanza di archiviazione della Procura respinta: il gip di Milano, Luigi Gargiulo, ha infatti disposto l’imputazione coatta per Marco Cappato, esponente dei Radicali noto per aver accompagnato Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, in una clinica svizzera dove è stato sottoposto alla pratica del suicidio assistito. Una vicenda che aveva suscitato grande clamore nell’opinione pubblica e della quale Cappato dovrà ora probabilmente rispondere in sede processuale (prevista infatti la richiesta di rinvio a giudizio): “Quando ho accettato la richiesta di Fabo – ha spiegato il radicale -, sapevo di andare incontro al rischio di essere processato, così come lo sanno Mina Welby e Gustavo Fraticelli per le altre persone che abbiamo aiutato e continuiamo ad aiutare. Il processo sarà l’occasione per difendere il rispetto della libera e consapevole scelta di Fabo interrompere una condizione di sofferenza insopportabile”.
Cappato: “Processo un’occasione”
A dare l’annuncio della disposizione del gip era stato, attraverso un post via Twitter, lo stesso Marco Cappato il quale ha poi proseguito il suo commento sulla questione spiegando che la sua presenza in aula sarà “anche l’occasione per processare una legge approvata in epoca fascista che, nel nome di un concetto astratto e ideologico di vita, è disposta a sacrificare e calpestare le vite delle singole persone in carne e ossa”. In una nota preliminare, il politico lombardo ha espresso tutto il suo “rispetto per la scelta del giudice per le indagini preliminari”.
Rafforzamento al suicidio
L’accusa per Cappato, a questo punto, oltre che di aiuto, è quella di “rafforzamento al suicidio”: come spiegato nelle 31 pagine di motivazione poste dal gip, il radicale avrebbe infatti “spinto Dj Fabo verso la dolce morte”. Il politico, il giorno successivo alla morte del giovane dj (rimasto cieco e tetraplegico a seguito di un incidente stradale nel 2014) si era autodenunciato sostenendo di aver raccolto l’invito dell’ex broker.