Si discute sia alla Camera che al Senato ma, alla fnie, la risoluzione della maggioranza sulle modifiche al Mes (con la quale, fra l'altro, si promette di “mantenere la logica di pacchetto alla quale accompagnare ogni tappa mirata ad assicurare l'equilibrio complessivo dei diversi elementi al centro del processo di riforma dell'Unione economica e monetaria, approfondendo i punti critici”) passa a entrambe le Camere. L'ok di Montecitorio è arrivato con 291 sì e 222 no, mentre a Palazzo Madama, con quatro senatori dissidenti del Movimento 5 stelle a votare contro, il via libera è arrivato con 164 favorevoli e 122 contrari. Particolarmente tesa la situazione in Senato, dove il passo indietro dei pentastellati Grassi, Urraro, Lucidi e Paragone hanno provocato qualche incertezza sull'ok alla risoluzione, oltre che la reazione di protesta da parte del M5s. Era stato proprio Stefano Lucidi a “Un giorno da pecora”, ad anticipare la mossa in merito alla risoluzione del Mes, rendendo nota la sua posizione contraria: “Voterò no – aveva detto – io ne faccio una questione di metodo, che è dipeso da chi ha scritto questo documento. Farò una dichiarazione in dissenso esponendo le mie ragioni“.
Voto di dissenso
Scampato il pericolo al Senato, il premier Conte (che ha lasciato l'Aula prima del voto) dovrà ora augurarsi che la maggioranza resti compatta, laddove i dissidi, stavolta, sono collocati su un piano strettamente interno. E, mentre il presidente del Consiglio traccia la linea del Mes, spiegando che “proteggersi non significa 'rinchiudersi', in quanto su scala globale riteniamo che il multilateralismo sia lo strumento migliore per tutelare gli interessi degli Stati membri, a partire dal nostro”, è il Movimento 5 stelle a interrogarsi e a interrogare i dissidenti che, a ogni modo, hanno usato prudenza nel prendere posizione, schierandosi contro in tema di risoluzione ma non allegandovi l'intento di uscire dal Movimento: “La mia dichiarazione di dissenso non è prodromica all'uscita dal gruppo – ha detto il senatore Gianluigi Paragone -. Questa Europa con le sue politiche ci impedisce di crescere. Come pensiamo di salvare i lavoratori, i posti di lavoro? Con gli spiccioli che ci lascia l'Europa?”. Stessa posizione, esplicata durante le dichiarazioni di voto, anche per Francesco Urraro e Ugo Grassi, più esplicito degli altri nello sganciarsi dai pentastellati “Annuncio il mio voto in dissenso e constato di non riconoscermi più nelle politiche del mio Movimento… Si tratta di un testo riformato del quale non abbiamo avuto tempestiva contezza, non in quanto singoli partiti ma non è stato informato per tempo il Parlamento, dandogli modo di intervenire… Questo non significa essere sovranisti ma difendere la democrazia e non di un solo popolo”.