Obbligo scolastico fino a 18 anni ed Erasmus accessibile a chiunque voglia farlo, anche a cominciare dalle superiori. Queste le linee tracciate dal ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, intervenuta al Meeting di Cl in corso alla Fiera di Rimini. A proposito del prolungamento dell’obbligo, il guardasigilli ne ha evidenziato l’importanza perché “un’economia come la nostra, che vuole davvero puntare su crescita e benessere, deve puntare oltre che sulla stessa economia, sulla società della conoscenza così come peraltro ci viene dall’ultima Agenda Onu 2030 sottoscritta anche dall’Italia”. Preso atto di tali prerogative, “si deve sapere che il percorso educativo e formativo che non smette mai nel corso della vita, ha comunque bisogno di avere una più larga partecipazione possibile, almeno fino a 18 anni, poi per percorsi anche diversificati del liceo, degli istituti tecnici professionali. Il sapere e le nuove competenze sono un elemento fondamentale”.
Fedeli: “Erasmus cambia la vita”
Per quanto riguarda il progetto Erasmus, affrontato durante un’intervista concessa a “ilsussidiario.net”, il ministro ha spiegato che “la dimensione europea è imprescindibile. Lo dico anche per la mia storia personale, sono stata presidente del sindacato europeo. L’Erasmus è un’esperienza formativa che cambia la vita dei giovani. Vuol dire più cultura, più conoscenze, più qualità nella relazione umana e civile, più capacità e adattabilità nel nuovo mondo del lavoro. Nel giro di pochi anni costruiremmo una classe dirigente nuova, italiana ed internazionale”. Per questo, secondo Fedeli, sarebbe ipotizzabile pensare a un progetto di questo tipo anche per le scuole superiori.
Il “dramma dei Neet”
Ma le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione si sono orientate anche sul cosiddetto “dramma” dei Neet, per il quale secondo Fedeli si è fatto troppo poco: “In Italia – ha spiegato – abbiamo costruito poco per rispondere a questo dramma. Non solo come sistema di istruzione e di formazione, ma anche come sistema economico nazionale, che poco ha compreso le trasformazioni già in atto e non ha adeguato saperi e competenze al cambiamento costante nel lavoro”. Per questo, secondo il ministro “bisogna intervenire sulla qualità della didattica. E dunque sulla qualità formativa dei docenti. Aggiornamento costante, utilizzo di nuove tecnologie per venire incontro alle condizioni nuove e diversificate degli apprendimenti”.