Chiusura netta e senza appello dalle assemblee di Sinistra Italiana e Articolo 1 – Mdp alla richiesta di Renzi di partecipare alla ricostruzione di un campo di centro sinistra. Troppi e troppo gravi gli strappi anche istituzionali, a cui la sinistra ha assistito in questi anni di governo. E, seppure Bersani dichiara di “lasciare la porta aperta” perché “di scontato non c'è niente”, aggiunge anche che parlare di alleanza è inutile, “perché con questa legge elettorale non vince nessuno”. Ci si aggiorna a dopo il voto, dunque, “ci si vede in Parlamento”, “noi andiamo avanti con la nostra proposta”. E al termine di una mattinata di confronto, l'assemblea di Articolo 1 – Mdp dà il via libera alla lista unitaria della sinistra. Porte che si chiudono in faccia a Renzi e Fassino proprio quando il lavoro di ricucitura sembrava portare a un punto di svolta: Fassino vede Pisapia, Renzi chiama Prodi e Prodi chiama Pisapia e alla fine emerge che l'ex sindaco di Milano è pronto a siglare il patto con il Pd sotto la supervisione di un garante, forse lo stesso Prodi. Da Articolo 1 e Sinistra Italiana nessuna sorpresa. Giuliano PIsapia e Campo Progressista da settimane, ormai, erano dati per persi alla causa della sinistra e ormai “adiacenti” a Renzi e al suo partito. “Peccato aver bruciato tanto tempo, tempo preziosissimo dietro alle 'gnagnerie' di Pisapia”, si rammarica Fabio Mussi. Al di là delle scelte dell'avvocato milanese, “penso che Renzi sia un nome del passato e non un nome del futuro”, sottolinea Speranza mentre, quasi contemporaneamente, il segretario di Sinistra Italiana si rivolge all'ambasciatore di Renzi presso la sinistra: “Siamo persone cortesi e se ci chiedono un incontro, noi quell'incontro lo concediamo. Ma lo diciamo a Fassino e Prodi: il tempo è scaduto”, dice Nicola Fratoianni. “Fare l'unità senza cambiamento è solo una alchimia elettorale che non porta da nessuna parte”.
La ragione dello stop a Fassino è sostanziale, prima ancora che formale. I contenuti, spiegano Speranza e Fratoianni dai palchi delle proprie assemblee, sono il vero ostacolo all'alleanza. In Parlamento giace una proposta di modifica di Mdp al Jobs Act che è stata rinviata in Commissione. Una prova in più, se ce ne fosse bisogno, del fatto che il Pd e la maggioranza di governo non vogliono saperne, come spiega Alfredo D'Attorre, deputato Mdp. Se Renzi non intende abiurare su quanto fatto nei mille giorni di governo, Speranza e gli altri chiedono invece un mea culpa su “mille giorni in cui Renzi e il renzismo sono stati la variante italiana, pasticciata e con il solito surplus di arroganza, di una prospettiva del centro sinistra italiano che si crede vincente solo se imita la destra. Dobbiamo uscire dal teatrino di questi giorni”. Senza abiure, dunque, la richiesta di una lista unitaria serve solo, per Mdp, per arrivare a liste civetta. La risposta è un niet deciso e il rilancio del percorso costituente di una lista “progressista e di governo” che vedrà la luce domenica 3 dicembre con l'assemblea costituente indetta da SI e Mdp. L'appello di Speranza è di non chiudersi, ma di allargare il campo alle realtà cattoliche, a quel cattolicesimo sociale che si riconosce nelle parole di Papa Francesco. I compagni di viaggio di Sinistra Italiana provano, a distanza, ad abbozzare un programma da condividere: al primo posto, Nicola Fratoianni, cita l'emergenza giovani: “ho letto il rapporto Caritas: ci dice che in questo Paese c'è una gigantesca questione giovanile di cui oggi non parla nessuno. Un giovane su dieci è in stato di povertà assoluta. Nel 2007 era un giovane su 50. Dobbiamo mettere questo tema al centro del nostro programma. Dopo l'assemblea del 3 e prima dell'assemblea successiva, nel week end fra il 13 e il 14 dicembre vengano organizzati una serie di appuntamenti in tutto il Paese, in cui ci si confronti su ogni tema”. Da Bologna, Pisapia torna a fare appello alla responsabilità: ad Mdp chiede di ripensarci per evitare di “regalare il Paese alle destre, a chi lo ha già rovinato altre volte”. Ma Speranza e Scotto girano l'invito al mittente: “Noi siamo sempre dalla stessa parte, non vorremmo che sia lui ad aver cambiato idea“, dice il primo. “Sono io che chiedo a Pisapia perché ci ha ripensato. Mentre lui telefona a Prodi, c'è qualcun altro che chiama Alfano, Verdini ed è in attesa per Berlusconi”, chiude Scotto.