Il Capo dello Stato, all’assemblea dell’Anci, esprime solidarietà ai “comuni del Centro Italia colpiti dai terremoti”. Il monito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella è incentrato sui ritardi nell’area del cratere: “Il lavoro di ricostruzione è faticoso, e purtroppo presenta lacune e lentezze. Non si tratta soltanto di ricostruire edifici, pur importantissimi. Il tempo incalza e preme perché occorre evitare che si disperdano le comunità”.
La macchina è ferma
Sono trascorsi più di tre anni da quando il sisma ha distrutto Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, le vite di 299 persone, i sogni di decine di migliaia di altre, le speranze di un’intera area dell’Appennino. “Tra passerelle e ritardi un nuovo territorio si sta disegnando – riferisce La Stampa -. Ci sono quasi 50 mila persone senza casa, la maggior parte hanno scelto il contributo di autonoma sistemazione (il 77%), 1364 persone sono ancora negli alberghi. In 8108 hanno scelto di abitare nelle Sae, le casette di emergenza dove stanno crescendo i figli e vedendo invecchiare i genitori, subendo disagi dai pavimenti ammuffiti ai boiler rotti frutto di lavori spesso superficiali e approssimativi. Sono i nuovi villaggi dell’Appennino, una ferita ulteriore in un territorio già provato, una colata di cemento nel cuore verde dell’Italia dove un tempo si incontravano solo borghi medievali, torri, vicoli lastricati”. Mentre il cemento si fa strada, Arquata del Tronto ha perso circa la metà della popolazione, Amatrice 4 persone su 10.
Lungaggini burocratiche
“Come dare torto a chi va via? – si chiede La Stampa -. La ricostruzione non c’è ancora, proprio come non c’era lo scorso anno. Sono 2788 le domande presentate ad aver ottenuto il via libera ai lavori, più o meno una su tre rispetto a quelle presentate e il 3,5% rispetto al totale di chi ha subito danni. Dal 10 agosto 2017 al 25 giugno 2019 i fondi messi in circolo dalla Cassa Depositi e Prestiti per la ricostruzione privata sono 200 milioni di euro, un’inezia rispetto a un’operazione che secondo le stime della Protezione Civile si aggirerà in totale sui 22 miliardi”. Il problema resta lo stesso degli anni scorsi: la macchina è ferma, ad avere i requisiti per accedere alla ricostruzione sono ancora troppo pochi, meno di un proprietario di casa su dieci. Più o meno come un anno fa. Le ordinanze che regolano le procedure per avviare le pratiche di ricostruzione sono ottantasei, una giungla di norme, una maledizione per i tecnici spesso costretti a ripetere daccapo l’intero iter allungando i tempi e complicando le procedure. Aleandro Petrucci è sindaco di Arquata Del Tronto, 49 morti, un pezzo di paese che non potrà più essere ricostruito dov’era. “Il mio ruolo mi impone di essere ottimista, ma è sempre più difficile. Parliamo da tre anni con persone sempre diverse, spieghiamo i nostri problemi, nessuno ci ascolta.
Le seconde case
Nella migliore delle ipotesi viene accolta una proposta su 10 e viene inserita come se fosse una concessione in provvedimenti che non hanno niente a che vedere con il terremoto”, spiega al quotidiano diretto da Maurizio Molinari. I problemi sono ancora tanti e lontani dall’essere risolti. Stefano Petrucci: “Dopo una lunga attesa il governo si è occupato di regolamentare nello sblocca-cantieri le aree attrezzate per i proprietari delle seconde case. In realtà si è limitato a rinviare la materia a un’ordinanza commissariale che è stata emessa solo a maggio e non faceva altro che demandare agli uffici della ricostruzione il compito di una ricognizione da parte dei comuni di aree e numeri. Credo che i comuni abbiano provveduto in questi giorni ma ormai l’estate è quasi finita e ancora per un anno ci ritroviamo senza proprietari di seconde case che per noi sono uno dei principali motori dell’economia”.
Altre opportunità
Antonio Fontanella guida il comune di Amatrice e ha una lunga esperienza come primo cittadino in epoche e situazioni diverse. Gli errori dal suo punto di vista sono molti: “Il governo ha affrontato una situazione straordinaria con una legislazione ordinaria, rallentando e vanificando la ricostruzione. I comuni possono assumere personale ma con contratti a tempo determinato non oltre i 36 mesi come stabilisce il decreto dignità”. Quindi, prosegue, “abbiamo persone che vengono formate ma lasciano l’incarico alla scadenza perché costrette dalla legge, o anche prima perché sono professionisti che trovano altre opportunità”. In questo momento «in organico manca un terzo delle persone di cui avremmo bisogno”. Mancano i tecnici ma anche i segretari comunali per effetto dei tagli decisi per i piccoli comuni. Un’ulteriore difficoltà è la scelta di luoghi dove delocalizzare per il conflitto creato dalle norme previste dalla legge Galasso in fatto di distanza dai torrenti o dalla viabilità. L’ufficio tecnico ha poi problemi a dare il parere di conformità urbanistica perché “non sempre in passato sono stati approvati i piani presentati e molte frazioni non risultano paesaggi urbani”.