Le lezioni più tragiche della storia vanno richiamate alla conoscenza e alla riflessione delle giovani generazioni, affinchè, nel dialogo, cresca la consapevolezza del bene comune“. Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della ricorrenza della deportazione degli ebrei dal Ghetto di Roma, avvenuta il 16 ottobre 1943. “Il sacrificio, la tribolazione, il martirio di tanti innocenti, è un monito permanente alla nostra civiltà, che si è ricostruita promettendo solennemente 'mai più' e, tuttavia, ogni giorno è chiamata a operare per svuotare i depositi di intolleranza, per frenare le tentazioni di sopraffazione, per affermare il principio dell'eguaglianza delle persone e del rispetto delle convinzioni di ciascuno”, aggiunge il capo dello Stato.
Il quale ha inoltre aggiunto che “il 16 ottobre 1943 fu un sabato di orrore, da cui originò una scia ancor più straziante di disperazione e morte: la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma costituisce una ferita insanabile non solo per la comunità tragicamente violata, ma per l'intero popolo italiano”. E “in questo giorno di memoria e raccoglimento” Sergio Mattarella conferma che “la Repubblica si stringe alla Comunità ebraica italiana, ai parenti, ai discendenti dei deportati, poi torturati e uccisi, e rinnova il proprio impegno per rafforzare i valori della Costituzione, che si fonda sull'inviolabilità dei diritti di ogni persona e che mai potrà tollerare discriminazioni, limitazioni della libertà, odi razziali”. Mattarella è tornato quindi a parlare delle leggi razziali varate dal regime fascista, le quali favorirono “una caccia spietata che non risparmiò donne e bambini, anziani e malati, adulti di ogni età e condizione, messi all'indice solo per infame odio. Oltre duemila italiani di origine ebraica scomparvero da Roma in pochi mesi, costretti nei treni della morte verso i campi nazisti”.