Incurante del vespaio che sta innescando in casa Pd Ignazio Marino continua a fare il suo lavoro di Sindaco. Le dimissioni sembrano un ricordo lontano, un gesto compiuto senza convinzione e con un po’ di mai celato fastidio nei confronti del partito di maggioranza relativa in Aula Giulio Cesare. Lo stesso che ha minacciato di togliergli la fiducia laddove, il prossimo 2 novembre, deadline oltre la quale il passo indietro dell’8 ottobre scorso diventerà esecutivo, dovesse ripensarci. Marino, per recuperare il consenso perduto, continua a battere sul tasto della legalità, lanciando allarmi su un possibile ritorno di infiltrazioni criminali in Comune nel momento in cui lui e la sua squadra dovessero lasciare il Campidoglio.
“Questa città ha avuto dei problemi importanti legati alla criminalità e alla corruzione, rispetto ai quali questa giunta ha rappresentato discontinuità. Una giunta che lavora, una giunta che guarda avanti” ha detto oggi a margine dell’inaugurazione di due nuovi ponti stradali tra la borgata Fidene e il quartiere di Villa Spada, due periferie adagiate a Roma nord, lungo la via Salaria. Il sindaco cerca di mostrarsi come unica ciambella di salvataggio di una Capitale che, prima di lui, a suo dire, ha conosciuto una fase di oscurantismo. Un balletto che sta infastidendo non poco il Pd, fatto passare, indirettamente, per complice di un presunto complotto a danno dell’amministrazione che “ha liberato Roma dalla mafia”.
Così Marino spera di far breccia in quella minoranza dem uscita sconfitta in Parlamento ma che potrebbe trovare nella Capitale la sua occasione di rivincita su Matteo Renzi. E che sta spingendo affinché il partito non si associ nel voto alle mozioni di M5S e centrodestra. Nei giorni scorsi il primo cittadino ha cercato il sostegno di Pier Luigi Bersani, il quale gli ha consigliato di fare quello che si sente, senza però prendere posizione. Magli ha raccomandato di non “farlo diventare un caso nazionale”. Cioè di non entrare esplicitamente in rotta di collisione con Renzi. A ciò si aggiunge il 12% di consensi che Marino porta in dote. Una quota che i democratici non possono sottovalutare. Una Roma a 5 Stelle sarebbe una Waterloo troppo pesante per i delicati equilibri dentro il partito.