L’anno prossimo le clausole di salvaguardia non scatteranno. Nella prossima legge di bilancio il governo si è impegnato a reperire le risorse per evitare che le aliquote Iva balzino al 13% (dall’attuale 10%) e al 24% (dal 22%). Il totale ammonta allo 0,9% di Pil, pari a poco più di 15 miliardi di euro, cifra che da sola ipoteca gran parte della prossima manovra, stimata – ad una settimana dal varo – tra i 22 e i 24 miliardi. Ma l’ipoteca sul 2018 e sul 2019 resta e non è escluso che possa essere anche più pesante.
Molte delle coperture necessarie per il 2017 saranno infatti trovate, non in modo strutturale, ma in deficit, liberando cioè risorse innalzando al 2%, o probabilmente oltre, l’asticella dell’indebitamento netto. Da un rapporto deficit/Pil del 2,2% – livello che sembra in questi giorni plausibile dopo le parole del commissario Ue Pierre Moscovici e in vista del voto parlamentare di mercoledì sulla risoluzione al Def – si otterrebbero 13 miliardi di flessibilità.
Per il resto si dovrà ricorrere a spending review, a misure di “fedeltà fiscale”, ovvero a voluntary disclosure, stretta sulle dichiarazioni Iva e lotta all’evasione, e probabilmente da poste minori derivanti dai giochi e dalla vendita delle frequenze. A spanne, basandosi sulle ultime ipotesi circolate in questi giorni, le vere entrate strutturali ammonterebbero quindi a circa 6 miliardi: 4 di revisione della spesa e 2 di lotta all’evasione, visto che gli altri 2 miliardi attesi dalla riedizione dell’operazione di rientro dei capitali sarebbero una tantum.
Con gli stessi denari andrebbero però coperti anche gli interventi stabili annunciati in manovra: dal pacchetto pensioni per circa 1,5 miliardi, all’introduzione dell’Iri che ondeggia tra 800 milioni e 1 miliardo, fino al rinnovo del contratto degli statali, per cui si ipotizza il primo anno uno stanziamento di circa 600 milioni.
Se così fosse, alla disattivazione delle clausole resterebbero circa 3 miliardi strutturali sui 15 totali. Una bella grana, visto che nel 2018 e nel 2019 il valore degli aumenti Iva salirebbe addirittura a 19,6 miliardi.
Dubbi sulla questione sono stati sollevati peraltro anche dall’Ufficio parlamentare di Bilancio nell’ultima audizione sulla Nota di aggiornamento al Def. “L’annullamento riguarderà solo il primo anno dell’orizzonte di previsione, il 2017 – spiega il presidente dell’Upb Giuseppe Pisauro nella sua relazione alle Camere – Si deve presumere che l’aumento dell’Iva rimarrà nella legislazione vigente per gli anni 2018 e 2019 (e successivi), mantenendo un’ipoteca sul disegno della politica di bilancio futura e dando così un carattere esplicito di provvisorietà al quadro programmatico”.
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