“Dovrei chiederle di essere destinato altrove, lontano da una terra davvero disgraziata, ma non glielo chiedo perché ho il dovere di rimanere qui: lo devo a mio padre e soprattutto a mia sorella Lucia”. Lo ha affermato Manfredi Borsellino, commissario di polizia e figlio del magistrato ucciso dalla mafia, rivolgendosi al Capo dello Stato Sergio Mattarella. In un accorato e forte discorso pronunciato durante la cerimonia – avvenuta nel palazzo di Giustizia di Palermo – in ricordo delle vittime di via D’Amelio. Manfredi ha parlato di Lucia, ex assessore alla Sanità, che “era consapevole del clima di ostilità e delle offese subite solo per adempiere il suo dovere, in corsi e ricorsi drammatici che ricordano la storia” del padre Paolo, trucidato da Cosa Nostra. La lettera di dimissioni con la quale la donna ha lasciato l’assessorato, ha continuato, “ha prodotto il silenzio sordo delle istituzioni, soprattutto regionali. Ma quella lettera dice tutto e andrebbe riletta”.
Manfredi Borsellino ha sottolineato di non aspettarsi che la sorella dovesse vivere un “calvario simile a quello di suo padre nella stessa terra che ha poi elevato lui a eroe”. Lucia, ha soggiunto, “ha portato una croce” ed “è rimasta in carica come assessore fino a giugno per amore della giustizia, per suo padre, per poter spalancare agli inquirenti le porte della sanità dove si annidano mafia e malaffare. Da oltre un anno era consapevole del clima di ostilità e delle offese che le venivano rivolte”. “Presidente, oggi sono qui per lei – ha inoltre detto – perché lei è tra quelli che non solo ha il nostro vissuto, ma è stato punto di riferimento per mio padre e la mia famiglia”. Al termine del discorso il capo dello Stato si è alzato e ha abbracciato Manfredi Borsellino, visibilmente commosso.