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Mancano gli insegnanti di sostegno

Aumentano i bambini disabili nelle scuole ma mancano i docenti di sostegno. E il problema delle cattedre vacanti nel sostegno dipende anche dai ritardi ormai strutturali nella scuola. Sos scuola, dunque. Gli istituti sono alle prese con le nomine dei docenti ma si trovano a dover gestire una vera e propria emergenza, principalmente per gli incarichi di sostegno.

Anche senza specializzazione

“Emergenza sostegno in Italia, le scuole sono alla ricerca di insegnanti di sostegno, anche senza specializzazione – riferisce OrizzonteScuola.it -. Supplenze, cattedre vuote, insegnanti specializzati sul sostegno che mancano. Ecco quali sono le condizioni in cui versa la scuola italiana a un mese dall’inizio delle lezioni. Le promesse dei vari governi sono state anche quest’anno disattese e chi ne sta pagando di più non è tanto la scuola ma gli studenti, soprattutto quelli che vertono in una condizione di disabilità e necessitano un insegnante di sostegno che gli aiuti nello studio”. Intorno allo studente con disabilità, ricostruisce Donna Moderna, ruotano anche migliaia di assistenti all’educazione (come il personale presente nel mezzo di trasporto o quello che aiuta il bambino nella comunicazione, nell’igiene o in mensa) e bidelli. I primi sono a carico dei comuni, i secondi dello Stato.  “Si risente ancora degli strascichi della riforma che ha soppresso le Province e dei conseguenti coni d’ombra, incertezza di risorse, ricadute operative e organizzative che ancora influenzano la reale inclusione- evidenzia il settimanale diretto da Annalisa Monfreda -. Di fatto un numero significativo di alunni con disabilità inizia l’anno scolastico senza questi sostegni”.

Corso avviato

Un corso di specializzazione sul sostegno è stato avviato, ma tra prove selettive e posticipazioni varie è partito effettivamente qualche mese fa, non consentendo la puntuale formazione di docenti che andassero a coprire le cattedre vuote in tutta Italia. “Tale situazione che ormai prosegue da parecchi anni, ha fatto sì che questi posti sul sostegno, di natura delicatissima, venissero assegnati a docenti e aspiranti docenti non in possesso del titolo di specializzazione che si erano candidati tramite la domanda di messa a disposizione sostegno- sottolinea OrizzonteScuola.it. I dirigenti scolastici, messi alle strette dal fallace sistema di reclutamento e convocazione degli insegnanti, devono ricorrere alle domande di messa a disposizione sostegno pervenute per assegnare le cattedre di sostegno vuote a docenti anche non specializzati”.

Domanda di messa a disposizione

Possono presentare domanda di messa a disposizione sul sostegno tutti coloro i quali siano in possesso dei titoli minimi per l’accesso all’insegnamento diploma o laurea (anche triennale). “Non è obbligatoria l’abilitazione al sostegno, poiché gli insegnanti di sostegno sono così pochi che le scuole sono costrette a chiamare anche chi non ha alcuna specializzazione- evidenzia OrizzonteScuola.it-. Data la situazione in cui vertono le scuole, inviare la propria domanda di messa a disposizione è fortemente consigliato, perché tutte le scuole ricercano in maniera costante supplenti che coprano i posti di sostegno vacanti”. Inoltre, una supplenza sul sostegno fa maturare punteggio spendibile sia per gli aggiornamenti delle graduatorie previsti nel 2020, sia per i concorsi che sono prossimi a partire.

I primi ad essere chiamati

Ottenere incarichi di supplenza su posti di sostegno è possibile non solo per coloro che sono in possesso dell’abilitazione o della specializzazione, ma anche per coloro che non possiedono tali titoli. “Logicamente, i primi ad essere contattati dalle scuole saranno coloro in possesso di specializzazione-abilitazione, verranno di seguito contattati gli iscritti alle graduatorie e poi coloro che hanno presentato domanda di messa a disposizione per sostegno”, precisa OrizzoneScuola.it.

Esigenze in aumento

In Italia gli alunni con disabilità aumentano. Fino a 10 anni fa erano 180 mila, nell’ultimo anno invece i dati del ministero dell’Istruzione segnalano l’iscrizione nella scuola statale di quasi 250mila studenti con certificazione. “Cambiano quindi i bisogni degli studenti e delle famiglie, ma la scuola regge il passo? Quanto è in grado di reagire a questi cambiamenti così importanti nella composizione delle classi?”, si chiede Donna Moderna. “Sono aumentate le certificazioni di disabilità ma anche le malattie, soprattutto quelle psichiche, tra cui, le più frequenti, autismo, ritardi di apprendimento e disturbi oppositivi provocatori, in generale, invece, rispetto a 10 anni fa entrano a scuola 75mila bambini in meno, a causa del crollo delle nascite”, spiega al settimanale Giancarlo Onger, formatore e presidente del Coordinamento nazionale insegnanti specializzati. Tra gli studenti con disabilità, 21.434 frequentano la scuola dell’infanzia, 89.029 la primaria, 66.823 la secondaria di primo grado, 68.437 la secondaria di secondo grado. Sulle cattedre di sostegno pesano gli stessi problemi delle cattedre principali (cosiddette “curriculari”): cioè i ritardi nelle assegnazioni, i posti vuoti, la mancanza di programmazione.

L’enigma degli organici

“Eppure, i docenti di sostegno ci sarebbero. In quest’anno scolastico ne sono previsti 141.412: numero che corrisponde ai docenti che hanno seguito una specifica formazione. In linea teorica, quindi, ogni insegnante di sostegno segue mediamente poco meno di due studenti”, dichiara a Donna Moderna Alessandro Giuliani, direttore di La Tecnica della scuola. “Nella realtà, però, sono stati assunti solo 13.329 insegnanti di sostegno e ne sono entrati in ruolo solo 1.682, cioè il 13 per cento di questo totale, 1 su 10. L’84 per cento dei posti nella primaria sono rimasti scoperti, il 97 per cento alle medie. I nuovi posti assegnati quindi sono solo una minima parte di quelli necessari a soddisfare le esigenze dei quasi 250 mila bambini con disabilità”.

Il nodo della stabilizzazione

Questo succede perché il ministero dell’Istruzione, non stabilizza gli insegnanti di sostegno che già esistono, cioè preferisce agire ogni anno con le deroghe, ovvero affidare posti a supplenti che restano in carica fino al 30 giugno dell’anno successivo. A tutt’oggi sono 60mila. Tra questi, tanti docenti che magari l’anno seguente chiederanno il trasferimento perché hanno accettato una cattedra lontano da casa, pur di lavorare, evidenzia il settimanale. “La richiesta di docenti infatti è molto più alta al Nord Italia che al Sud, dove il tempo pieno nei fatti non esiste, così molti docenti che abbondano al Sud vanno a fare i supplenti al Nord per poi chiedere di spostarsi”, prosegue Giuliani. “Trasferimento che può avvenire anche in seguito al famoso logaritmo della “buona scuola”, per cui l’insegnante finito a centinaia di chilometri da casa cerca di avvicinarsi. E allora, piuttosto che lasciare le cattedre vuote, vengono occupate con personale non specializzato”. L’assunzione lo scorso anno di circa 13 mila insegnanti di sostegno è “un intervento positivo e che si aspettava da tempo, ma non sufficiente a garantire la continuità didattica e a fare in modo che tutti gli alunni con disabilità possano, ogni giorno, seguire le lezioni”, dichiara a Donna Moderna Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap. “Secondo nostre stime, infatti, circa l’80 per cento degli alunni ha cambiato due insegnanti di sostegno nel corso dell’anno, il 48 per cento ne ha cambiati tre, il 15 per cento ne ha cambiati quattro e il 6 per cento addirittura cinque. E per questo anno scolastico non sembra vi siano segnali in controtendenza. Ancora più grave, poi, è il fatto che solo una parte degli insegnanti di sostegno è in possesso di specifica abilitazione e quindi di dimostrata formazione”.

La procedura

A luglio ogni dirigente scolastico manda agli uffici provinciali le richieste di docenti di sostegno, in base alle iscrizioni ricevute. Poi deve attendere che, da questi uffici, la richiesta vada al ministero dell’Istruzione e il ministero emani un decreto di assunzione, che può arrivare anche l'anno dopo. A ciò si somma poi il fatto che le stesse Asl spesso mandano le certificazioni all’ultimo momento. E così, tra ritardi nelle risposte e posti che restano vuoti, succede che gli insegnanti “curricolari”, per non lasciare i bambini con disabilità senza supporto, subentrino essi stessi, dividendosi le ore tra colleghi. “Per legge, infatti, ogni alunno disabile ha diritto a un certo numero di ore di sostegno, che variano tra primaria e superiori. Ma se nell'istituto arrivano pochi insegnanti specializzati, vanno divisi per le classi in cui c'è bisogno. Nei casi migliori si riesce a fare compresenza, ma capita anche che la classe sia del tutto senza docente di sostegno. E così la maestra cerca di supportare, a discapito di tutti: del bambino in difficoltà e dei suoi compagni”, spiega Giancarlo Onger a Donna Moderna . Ogni istituto è un caso a sé, anche in relazione al comune di appartenenza. Alcuni Comuni per esempio, su richiesta del dirigente scolastico in base alle gravità delle disabilità presenti nella sua scuola, integrano le ore mancanti del sostegno con educatori, magari di cooperative. E così si coprono i buchi” lasciati vuoti dal docente di sostegno che non arriva.

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