L’Italia si fermerà quando, alle 16, i feretri di due delle tre vittime della strage di Milano passeranno, lentamente, dalle porte del Duomo di Milano. La luce filtrerà fioca tra le vetrate della cattedrale tardo gotica e si poserà sui tricolori stesi sulle bare. Sarà il cardinal Angelo Scola, arcivescovo del capoluogo meneghino, a ufficiare i funerali alla presenza delle massime cariche istituzionali, tra cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Consiglio dei ministri ieri ha dato l’ok alle esequie di Stato, considerata la particolare gravità del fatto avvenuto lo scorso giovedì.
Una mattina di non ordinaria follia nella quale l’imprenditore Claudio Giardiello, accusato di bancarotta fraudolenta, ha impugnato una Beretta e ha fatto fuoco su chi giudicava responsabile della sua rovina: il giudice, l’avvocato e il testimone, neanche fosse un romanzo giallo d’inizio 900. Il magistrato era Fernando Ciampi, 72enne originario della provincia di Avellino, da 6 anni alla seconda sezione fallimentare del tribunale. Era stato citato come teste di un processo di cui non era titolare, come ha rivelato, poche ore dopo la morte, il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati. E’ stato freddato con due colpi di pistola e prima di spirare, dicono, pare abbia provato a proteggere una sua collaboratrice.
Il legale è la vittima più giovane di questo massacro: Lorenzo Alberto Claris Appiani, 37 anni, ex difensore di Giardiello. “Quando ha cominciato a compiere disastri mio nipote ha smesso di seguirlo” ha raccontato uno zio del ragazzo, da molti considerato un genio del foro, nonostante la poca esperienza. I colpi dell’imprenditore lo hanno raggiunto al torace. La madre, avvocato anche lei, ha parlato della sua passione per la legge e il diritto: “Mio figlio è morto – ha detto durante la commemorazione – perché non voleva essere una marionetta”. Il testimone, e coimputato, era Giorgio Erba, ex socio di Giardiello nella Magenta Immobiliare. I giudici dovevano ascoltarlo sulla vicenda che aveva portato al crac della società e sulle eventuali responsabilità del suo ex collega. I suoi familiari hanno declinato l’offerta di Palazzo Chigi: Giorgio preferiscono piangerlo da soli, in un funerale privato, lontani dai flash e dalle tv, in silenzio.
Intanto i pm cercano di far luce sulla vicenda: accertate le responsabilità di Giardiello (“mi hanno visto” ha ammesso prima di avvalersi della facoltà di non rispondere) c’è da capire cosa non abbia funzionato nell’apparato di sicurezza e, soprattutto, per quale motivo il killer, a sparatoria iniziata, abbia potuto muoversi agevolmente nel palazzo di Giustizia. Una questione, quella del controllo dei tribunali, di cui Matteo Renzi ha parlato ieri. “La sicurezza deve passare in carico allo Stato” ha detto il premier che ha poi ricordato l’importanza di un impegno maggiore “contro la proliferazione delle armi”. Per evitare nuove tragedie e lacrime come quelle di Milano.