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“L’ITALICUM NON SI TOCCA”, IL PD CHIUDE LE PORTE A FORZA ITALIA

L’Italicum non si tocca. Il Pd chiude le porte a Forza Italia che aveva chiesto di trasformare il premio di maggioranza in un premio di coalizione. L’unica apertura arriva sulla possibile introduzione di un listino alle regionali per selezionare i futuri senatori. Questa, per lo meno, è la linea adottata dalla maggioranza dem. Diversamente la pensano, invece, alcuni esponenti della minoranza che sarebbero disponibili a mettere mano alla legge elettorale. Pronta, nella giornata di ieri, è arrivata una smentita netta a “retroscena e ricostruzioni” su un’ipotetica apertura del premier a modifiche all’Italicum: “Sono destituiti di ogni fondamento”. Renzi, in vacanza con la famiglia fino al 18, quando riceverà Angela Merkel all’Expo, non entra nella mischia del dibattito ferragostano. Ma dai vertici del Pd mettono in chiaro che “non si può stare sotto il ricatto” della convergenza tra FI e minoranza Pd sulle riforme. Dunque, il messaggio che viene fatto filtrare chiude, almeno per il momento, ogni varco sulla legge elettorale: “Non si tocca – dice un dirigente Dem –

Quello che accadrà tra due anni non lo so, ma posso dire che se tra due mesi ci fosse un’impasse totale al Senato sul ddl costituzionale, sarebbe più probabile il voto anticipato, piuttosto che si rimetta mano alla legge elettorale”. Quando il Parlamento riaprirà a settembre e il confronto sulle riforme entrerà nel vivo, scommettono i renziani, ci sarà margine per smussare le posizioni. E si vedrà al momento del voto in Aula chi ha la maggioranza. C’è però preoccupazione per due fattori non controllabili dal Pd o dal governo. Da un lato il giudizio che il presidente Pietro Grasso dovrà dare sulla possibilità di emendare l’articolo 2 del ddl Boschi, che riguarda composizione e elezione del Senato. Dall’altro lato, l’ostruzionismo guidato da Roberto Calderoli con i suoi 500mila emendamenti: una mole in grado di “falcidiare” la riforma. Proprio su queste leve fanno perno i partiti che la riforma vogliono cambiarla. Matteo Salvini avverte il premier: “O si siede a un tavolo sulle riforme anche con noi sporchi, brutti e cattivi della Lega, o lo seppelliamo di emendamenti”.

Meno bellicosa, anche Fi tiene il punto: “Non vogliamo né Nazareni Bis né governissimi, ma se il governo vuole riforme largamente condivise ne metta in discussione l’impianto autarchico”. La modifica dell’art. 2 del testo con l’introduzione diretta dei senatori e l’introduzione del premio alla coalizione: sono le due richieste che il capogruppo Paolo Romani non si stanca di ripetere. Anche se prova a rassicurare Renzi che gli azzurri non lo scavalcheranno con accordi sottobanco con la minoranza Pd. Del resto, è al premier che spetta di “fare la prima mossa”. La convergenza tra azzurri e sinistra, concordano i Dem, è nelle cose e “alla luce del sole”. Entrambi chiedono il Senato elettivo. Mentre sull’Italicum la minoranza Pd chiede la possibilita’ di apparentamento al secondo turno. Una possibilita’ che anche alcuni renziani non vedono con sfavore, soprattutto nella ipotesi di un futuro ballottaggio Pd-Grillo, e di cui si potrebbe tornare a parlare in futuro. Per ora, lamenta il senatore della minoranza Federico Fornaro, l’unico dato a verbale è che i renziani “aprono a Fi e non rispondono” ai 28 dissidenti Pd. “Qui stiamo truccando, in modo duraturo, le regole del gioco”, è l’allarme di Corradino Mineo, che paragona Renzi a un “dictator” dell’antica Roma.

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