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L’Italia sempre più nella morsa del cemento

Notizie allarmanti per il nostro paese arrivano dal Wwf: nel secondo dopoguerra il territorio italiano coperto dal cemento è quadruplicato. Il suolo nazionale, infatti, è stato consumato a un ritmo di 90 ettari al giorno di conversione urbana, per rendersi meglio conto sarebbero circa 10 metri quadri al secondo. Se il trend non si arresta, nei prossimi vent’anni ci sarà un aumento delle zone cementate con una superficie quasi ampia quanto il Friuli Venezia Giulia.

Il territorio ricoperto dal cemento ricopre oggi il 7,5% della superfice totale. L’allarme non è solo paesaggistico e naturalistico, ma questo contribuirebbe a rendere più precario l’equilibrio idrogeologico e ad amplificare i fenomeni estremi causati da cambiamenti climatici. I dati sono raccolti nel report del Wwf “Land trasformation in Italia e nel mondo: fermare il consumo del suolo, salvare la natura, riqualificare le città”, che ha coinvolto 12 atenei italiani da nord a sud, e definisce questa perdita continua e costante di risorse naturali un vero e proprio “assedio” alle aree della Rete Natura.

Nel report è sottolineato anche che l’indice di urbanizzazione pro-capite a livello nazionale è passato in 50 anni dai 120 metri quadri per abitante agli oltre 370 attuali. Secondo il prof. Bernardino Romano dell’Università dell’Aquila la zona più a rischio sarebbe la Lombardia, 719 mq/abitante, un valore doppio di quello medio italiano e europeo. Inoltre nei comuni costieri adriatici negli ultimi anni la cementificazione e urbanizzazione lineare dei nostri litorali hanno avuto uno sviluppo di quasi 10km/anno.

Il problema purtroppo non riguarda solo l’Italia, ma ci sono degli obiettivi europei e globali da perseguire, come il potenziamento della biodiversità nelle aree urbane o sulla progettazione del verde. Oppure, nella “Tabella di marcia per un’Europa efficiente nell’uso delle risorse”, viene indicato l’obiettivo nel consumo netto di suolo pari a zero entro il 2050.

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