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Libia, il gabinetto di crisi di Conte

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Che la situazione in Libia lo preoccupasse lo aveva già detto il premier Giuseppe Conte ma, al termine del vertice a Palazzo Chigi convocato in serata proprio sul tema dell'escalation militare nel Paese nordafricano, ne ha dato la miglior conferma, annunciando di aver disposto la creazione di un “gabinetto di crisi”, pensato per restare attivo finché l'emergenza dovuta al caos fra il generale Khalifa Haftar e il presidente al-Sarraj. Questo quanto deciso a seguito dell'incontro con il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, il titolare degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. Al momento non è chiaro se si procederà a visite di sorta anche se, alcune ore fa, il sottosegreatrio agli Esteri, Guglielmo Picchi, aveva invitato il premier a recarsi sul posto per un incontro diplomatico con Haftar il quale, se disponibile, potrebbe essere ottimo veicolo per riportare stabilità nella regione.

La situazione

Si insiste, dunque, sulla strada diplomatica per tentare di ristabilizzare la regione, alle prese con una guerra civle  che sta dilaniando il Paese non solo da un punto di vista esterno (principamente per il tema delle imigrazioni) ma anche sul fronte della politica interna. E, nondimeno, interessa il nostro Paese che, per vicinanza geografica e collaborazione nella gestione dei flussi migratori, ha risentito più di altri l'escalation scatenata dall'offensiva militare di Haftar, già bollato dal rivale Sarraj come un “traditore” che aveva violato gli accordi di tregua per permettere il regolare svolgimento delle elezioni. Il contrasto fra i due attori in campo più rappresentativi del caos che regna in Libia non ha mancato di produrre effetti collaterali, primo fra tutti l'esodo di migliaia di persone fuori dai confini del Paese. Secondo l'Onu, il numero di sfollati sarebbe già intorno a diecimila.

Nuovi soggetti

Una situazione in divenire, da tenere sotto sorveglianza: questo si propone il neo-istituito gabinetto, volto a mantenere un occhio vigile sulla Libia e sul braccio di mare che separa i due Paesi. Nel frattempo però, mentre proseguono gli scontri, cresce il numero di attori coinvolti e, oltre alle varie rappresentanze locali, iniziano a comparire nuovi soggetti che rendono ulteriormente difficile un intervento di stabilizzazione. Ad esempio, secondo il il Wall Street Journal l’Arabia Saudita avrebbe promesso ad Haftar, “decine milioni di dollari per sostenerlo nell’offensiva”.

Mattia Damiani: