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Lei lo vuole lasciare, lui la picchia a sangue

Il tentato femminicidio a Ferrara è l’ultimo di una lunga scia di violenze e soprusi contro l’altra metà del cielo. Ancora una volta un uomo, come spesso accade sotto l’effetto dell’alcol (in altri casi si tratta di dipendenza da altre sostanze come le droghe o gli psicofarmaci), ha ridotto in fin di vita una donna per un suo rifiuto o per l’intenzione da lei manifestata di lasciarlo. Come documentano i dati forniti dal ministero della Salute, siamo in presenza di un’autentica emergenza sociale. Maschi che considerano le femmine alla stregua di oggetti in loro possesso. E non c’entrano età e censo: è una piaga anagraficamente e socialmente trasversale. Ormai è un bollettino di guerra che i mass media riportano quotidianamente descrivendo dinamiche criminali e violente che invariabilmente si concludono con mogli e compagne uccise, gravemente ferite o perseguitate.  Ciò che è accaduto nel Ferrarese sembra il prototipo dei femminicidi, stavolta evitato solo per una segnalazione tempestiva di una testimone. Nel Ferrarese la tragedia è stata scongiurata all’ultimo istante, ma con danni fisici e psicologico gravissimi per la vittima. Conseguenze di una furia disumana rivolta contra una creatura innocente che l’aggressore sosteneva di amare. “I carabinieri di Ferrara hanno arrestato e portato in carcere un moldavo di 43 anni per tentato omicidio, lesioni gravissime e maltrattamenti in famiglia ai danni della compagna, una badante connazionale di due anni in più: è ricoverata in chirurgia di urgenza, prognosi riservata, dopo essere stata selvaggiamente picchiata dall'uomo- riferisce l’Ansa-. E' successo a Copparo, paese della provincia. A dare l'allarme è stata la cognata della vittima. Quando i militari sono arrivati nella casa hanno trovato la 45enne a terra nella propria camera da letto, ricoperta di sangue.

Emergenza sociale

Le autorità sanitarie monitorano sistematicamente i dati sulla diffusione della violenza femminile, inflitta sia da parte del proprio partner, sia da sconosciuti. L'abuso fisico e sessuale è un problema sanitario che colpisce oltre il 35% delle donne e, cosa ben più grave, è che ad infliggere la violenza sia nel 30% dei casi il partner. “Il nostro sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture che fanno capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento- spiegano al dicastero della Salute – Uno dei luoghi in cui più frequentemente è possibile intercettare la vittima è il Pronto Soccorso”. E’ qui che le vittime di violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento sanitario. Nello specifico, in alcuni Pronto soccorso in Italia si sta sperimentando un percorso speciale per chi subisce violenza, contrassegnato da un codice rosa, o uno spazio protetto, detto stanza rosa, in grado di offrire assistenza dal punto di vista fisico e psicologico e informazioni sotto il profilo giuridico, nel fondamentale rispetto della riservatezza. Il ministero della Salute ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e di informazione per spingere le donne sottoposte a pressioni o violenze di rivolgersi al più presto a consultori, centri antiviolenza, Telefono rosa antiviolenza e antistalking 1522 e ovviamente forze dell’ordine.

Le lacune del sistema

In due anni in Italia le denunce per stalking sono dimezzate: da 13.177 a 6437. E’ boom del sommerso: in Italia 8 donne su 10 non denunciano il persecutore. Per l’Istat in Italia una donna su 5 è stata perseguitata nella vita. Il Parlamento ha recentemente approvato il Codice rosso con nuove misure contro la violenza di genere. Il Dipartimento per le Pari opportunità ha stanziato 37 milioni di  euro per il “Piano nazionale sulla violenza degli uomini contro le donne”. Massimo Lattanzi coordina l’Associazione italiana di psicologia e criminologia e fondatore dell’Osservatorio nazionale stalking. Secondo le ultime ricerche, nel 70% dei casi le vittime sono donne e nel 55% dei casi il colpevole è un ex fidanzato o ex marito. Tra i persecutori aumentano vicini o colleghi. Il 13 luglio a Savona è stata uccisa dall’ex marito Deborah Ballesio: lo aveva denunciato 19 volte dopo che lui aveva dato fuoco al suo locale. In un caso su tre il reato di stalking è l’anticamera della violenza fisica sulle donne fino al femminicidio. Dal 2009 in alternativa alla denuncia le legge (articolo 612 bis del Codice penale) prevede un percorso più veloce: l’ammonimento, cioè la possibilità di rivolgersi direttamente al questore che, ascoltata la vittima attraverso le forze dell’ordine, avvia i riscontri di quanto dichiarato. Entro 15 giorni può scattare il provvedimento che impone allo stalker il divieto di avvicinarsi. Ma se a valutare il disagio ci sono persone prive di adeguata formazione sulla violenza di genere, si tende a minimizzare. La sentenza di primo grado per stalking arriva in media dopo due anni. Senza un supporto psicologico, lo stalker torna a colpire: il 40% è recidivo. Se lo stalker è incensurato, il suo difensore in genere cerca un accordo con la controparte: risarcimento della vittima in cambio del ritiro della querela. Il nuovo Codice rosso approvato dal Parlamento introduce una corsia preferenziale per le denunce di stalking per impedire che restino due, tre settimane sulle scrivanie delle forze dell’ordine prima di arrivare ai pubblici ministeri che devono indagare e valutare il rischio a cui è esposta la vittima.

 

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